Vino, Uiv: 1 mln di nuovi consumatori italiani interessati a dealcolati

Vino, Uiv: 1 mln di nuovi consumatori italiani interessati a dealcolati

Castelletti: ma i produttori italiani non possono produrlo

Milano, 16 apr. (askanews) – “In Italia il 36% dei consumatori è interessato a consumare bevande dealcolate; negli Stati Uniti, incubatore di tendenze specie tra i giovani, il mercato Nolo (no e low alcohol) vale già un miliardo di dollari. Ma l’Italia in questo caso gioca un ruolo residuale, perché, contrariamente a quanto già succede da due anni tra i colleghi nell’Ue, non è ancora possibile per le imprese elaborare il prodotto negli stabilimenti vitivinicoli e non sono state fornite indicazioni agli operatori sul regime fiscale. In estrema sintesi, il prodotto può circolare anche in Italia (come in tutta l’Ue), ma i produttori italiani non possono produrlo”. Lo ha affermato il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, aprendo i lavori della tavola rotonda “Dealcolati & Co – Le nuove frontiere del vino” organizzata in collaborazione con Vinitaly a Veronafiere.

Al tavolo, assieme alle testimonianze di sette imprese (Argea, Doppio Passo, Hofstatter, Mionetto, Schenk, Varvaglione e Zonin) costrette a dealcolare all’estero, anche gli analisti di Swg e dell’Osservatorio del vino Uiv-Vinitaly, per fare il punto su un segmento ritenuto complementare, anche in Italia, ai consumi di vino tradizionale. Lo testimonia l’indagine realizzata da Swg su un campione rappresentativo di italiani: “Questi prodotti interessano prima di tutto un potenziale di un milione di non bevitori di alcolici – ha spiegato l’analista Swg, Riccardo Grassi – oltre ad una platea di consumatori di vino o altre bevande (14 milioni) che li ritiene una alternativa di consumo in situazioni specifiche, come mettersi alla guida”.

Una tipologia che potrebbe essere un nuovo alleato anche per il vigneto Italia: “Sentiamo sempre più spesso parlare di espianti finanziati ma le imprese, che negli ultimi anni hanno ristrutturato metà del proprio vigneto (310 mila ettari) con erogazioni pubbliche pari a 2,6 miliardi di euro – ha aggiunto Castelletti – vogliono continuare a svolgere il proprio lavoro, magari riducendo le rese, puntando ancora di più sulla qualità e, perché no, potendo contare su un nuovo asset di mercato come quello dei Nolo che interesserebbe aree produttive più in difficoltà”. Secondo Swg, la quota di attenzione verso i vini dealcolati (21%) è più alta nelle fasce più giovani (28% da 18 a 34 anni), il target a maggior contrazione dei consumi di vino che nel 79% dei casi dichiara ‘importante’ se non ‘molto importante’ o ‘fondamentale’ poter ridurre i problemi legati all’abuso di alcol mettendo a disposizione dei consumatori prodotti a zero o bassa gradazione.

Forte interesse c’è anche da parte dei giovani di Uiv. “La generazione Z sta dimostrando grande attenzione verso una tipologia in grado di rispondere a un pubblico ‘sober curious’ sempre più numeroso, negli Stati Uniti e nel mondo” ha messo in evidenza la presidente di Agivi, Marzia Varvaglione, evidenziando che “l’Italia deve essere in grado di capire prima di tutto sul piano culturale che un prodotto non sostituisce l’altro e insistere su una sperimentazione che può riservare risultati molto interessanti”.

Secondo il focus dell’Osservatorio Uiv, il calo dei consumi di vino tricolore negli Usa (-13% le importazioni a volume nel 2023), è dettato in primis dall’onda cosiddetta salutista delle giovani generazioni, oltre che dalla forte competizione di nuove bevande low alcohol e da una questione demografica che vede la popolazione di bianchi diminuire in favore di altre etnie, a partire dagli ispanici, culturalmente meno orientati ai consumi tradizionali di vino. “I vini low alcohol negli ultimi anni sono stati protagonisti di una cavalcata che li ha portati a essere una scelta non più secondaria nell’evoluzione del gusto degli americani, e oggi valgono circa un miliardo di dollari” ha spiegato il responsabile dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, Carlo Flamini, precisando che “a ciò si aggiungeranno sempre più altre tipologie attente alla propria dieta per un target prevalentemente giovane: i vini low sugar, per esempio, hanno registrato crescite astronomiche nel giro di un quinquennio: da 10 mln di dollari del 2019 ai 270 dell’anno appena chiuso”.

I no alcol sono ancora una nicchia (62 mln di dollari, valore cresciuto di sette volte negli ultimi quattro anni), ma le vendite di vini senz’alcol provenienti dall’Italia hanno sovraperformato il mercato nel 2023, sia a volume (+33% contro +8%), sia a valore (+39% contro +24%). Il prezzo medio di un “alcohol-free wine” è leggermente superiore a quello di un vino tradizionale: 12.46 dollari al litro contro 11.96 nel 2023.

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