
Vino, Federvini: dazi e cambio valutario mettono a rischio nostro export
Milano, 6 lug. (askanews) – L’introduzione di nuovi dazi sulle importazioni di vino europeo da parte degli Stati Uniti e il rafforzamento dell’euro nei confronti del dollaro rischiano di compromettere in modo significativo la tenuta dell’export vinicolo italiano. A lanciare l’allarme è Giacomo Ponti, presidente di Federvini, che richiama l’attenzione sulle conseguenze congiunte delle barriere tariffarie e dell’andamento valutario. “Un dazio al 10% rappresenterebbe già una zavorra pesante per le nostre esportazioni ma un’aliquota al 20% rischia di essere devastante, soprattutto per le piccole e medie imprese della filiera vinicola” Ponti, spiegando che “ci sono Cantine italiane che dipendono dal mercato statunitense per oltre il 50% del proprio fatturato: per loro, un simile aumento delle barriere tariffarie equivarrebbe a una chiusura forzata verso il principale sbocco extraeuropeo”.
“Introdurre nuove barriere tariffarie in un contesto già segnato da una stagnazione dei consumi a livello globale – prosegue il presidente di Federvini – significa spingere fuori dagli scaffali americani molti dei nostri vini simbolo, dal Prosecco al Chianti, dal Pinot grigio al Moscato d’Asti, e compromettere una presenza costruita in decenni di relazioni commerciali e culturali. È una minaccia concreta a uno degli asset strategici del Made in Italy, tanto più in una fase di fragilità internazionale”.
“Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di equilibrio territoriale, occupazionale e culturale” evidenzia, aggiungendo che “il rischio è quello di vanificare anni di lavoro e relazioni, senza benefici reali per nessuno. È il momento della responsabilità e del buon senso, non del protezionismo punitivo. A tutto questo si aggiunge un ulteriore fattore di rischio spesso sottovalutato: l’andamento del tasso di cambio euro/dollaro” spiega Ponti, sottolineando che “se oggi siamo tornati attorno a quota 1,18, solo sei mesi fa eravamo prossimi alla parità, e alcune previsioni parlano di un possibile rafforzamento dell’euro fino a 1,25 nel breve termine. Per un settore che esporta beni con margini già compressi, una variazione simile può avere effetti persino più penalizzanti di un dazio. Sottovalutarla – conclude – sarebbe un grave errore di prospettiva”.