Terre rare, un’arma in mano a Xi per vincere la guerra dei dazi

Terre rare, un’arma in mano a Xi per vincere la guerra dei dazi

Roma, 9 giu. (askanews) – Le terre rare, che saranno elemento cruciale nelle trattative del meccanismo negoziale Usa-Cina (che si riunisce oggi a Londra), sono sempre più una leva geopolitica importante nell’ambito della guerra commerciale innescata dal ritorno alla Casa bianca del presidente Usa Donald Trump.

Pechino ha un vero e proprio dominio sulla filiera dei minerali critici e l’accresciuto sistema di controllo che ha messo in campo sull’export di questi materiali, fondamentali per tutte le produzioni tech, potrebbe essere una carta vincente nel braccio di ferro commerciale in corso con Washington.

Oggi l’Amministrazione delle Dogane cinese, con tempismo, ha fornito una serie di dati che danno una misura della capacità cinese di muovere questa leva in maniera decisa ed efficace.

La seconda economia mondiale ha esportato terre rare per un valore di 18,7 milioni di dollari a maggio, segnando un calo annuo del 48,3%. I dati diffusi dall’ente cinese includono le esportazioni di tutte le tipologie di terre rare, non soltanto quelle soggette alle nuove limitazioni. Il dato di maggio inoltre fotografa un calo del 13,7% rispetto ad aprile, quando le esportazioni avevano raggiunto 21,7 milioni di dollari.

In termini di peso, lo scorso maggio dalla Cina sono state spedite 5.864,6 tonnellate di terre rare, con un calo annuo del 5,67% che interrompe una serie di tre mesi consecutivi di crescita su base annua iniziata a febbraio, secondo quanto pubblicato oggi dal South China Morning Post su numeri del fornitore di dati finanziari Wind. “Di solito chi possiede la risorsa più ambita ha il potere di trattativa”, ha segnalato Charles Chang, Università Fudan, al SCMP.

Da aprile la Cina impone una licenza per l’esportazione di questi materiali strategici, di cui detiene oltre il 60 per cento dell’estrazione mineraria e il 92 per cento della produzione raffinata a livello mondiale, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia. Tuttavia, gli operatori industriali, in particolare del settore automobilistico, hanno denunciato difficoltà nel rilascio delle autorizzazioni. La giapponese Suzuki, per esempio, ha dovuto interrompere la produzione del suo modello di punta Swift proprio per carenza di questo materiale strategico, che è anche cruciale per gli smartphone e altri prodotti tecnologici. Gli stessi Stati uniti dipendono dalla Cina per circa il 70% delle importazioni di terre rare, secondo le stime degli analisti, il rischio di interruzioni nella filiera statunitense è concreto. Questo uno dei motivi per i quali, per esempio, il presidente Donald Trump ha insistito al limite del metaforico coltello alla gola col presidente ucraino Volodymyr Zelensky per avere un accordo sulle terre rare.

Nonostante lo scorso mese, nei colloqui di Ginevra con Washington, le parti si siano accordate per “sospendere o rimuovere le contromisure non tariffarie adottate contro gli Stati uniti dal 2 aprile”, Pechino ha mantenuto i controlli alle esportazioni sui minerali medi e pesanti annunciati il 4 aprile. Nel frattempo, i governi locali delle regioni ricche di terre rare hanno intensificato a maggio la lotta contro le estrazioni illegali.

Il ministero del Commercio cinese ha però annunciato sabato di aver approvato le domande di esportazione qualificate e di essere disponibile al dialogo con i Paesi interessati “per agevolare un commercio conforme”, segnalando un’apertura a colloqui specifici sulle terre rare.

In questa cornice si colloca l’incontro previsto oggi a Londra. Venerdì, Peter Navarro, consigliere per il commercio e la manifattura del presidente degli Stati uniti Donald Trump, ha dichiarato che i colloqui commerciali Usa-Cina, avranno proprio le terre rare come tema chiave. Il livello delle delegazioni è alto, anche grazie al fatto che il presidente Usa e l’omologo cinese Xi Jinping si sono sentiti al telefono giovedì scorso. Per gli Usa – lo ha annunciato lo stesso Trump – ci sono tre dei principali collaboratori nell’amministrazione Usa del presidente: il segretario al Tesoro Scott Bessent, il segretario al commercio Howard Lutnick e il rappresentante commerciale Jamieson Greer; per la Cina – a quanto ha comunicato Pechino – c’è il vicepremier He Lifeng, uno dei principali bracci destri di Xi per le questioni commerciali.

Sullo sfondo di questo dialogo, poi, c’è la posizione dell’altra grande economia mondiale, quella europea, altrettanto affamata di terre rare. Pechino e Bruxelles, che dopo il ritorno di Trump alla Casa bianca hanno iniziato ad annusarsi se non corteggiarsi apertamente, su questi materiali cruciali sarebbero ormai vicini a un accordo. La Cina ha proposto all’Unione europea un “canale verde” privilegiato per facilitare le esportazioni di terre rare verso i paesi del raggruppamento. “Il controllo delle esportazioni di terre rare e di altre materie prime è una prassi unica a livello internazionale”, ha dichiarato un portavoce del ministero cinese del Commercio in un comunicato. Tuttavia, ha continuato il ministero, “la Cina attribuisce grande importanza alle preoccupazioni dell’Ue e si dichiara pronta a istituire un canale verde per le richieste conformi, in modo da accelerarne l’esame”.

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