Sicilia scommette su aceto biologico vulcanico con vitigni Etnei
Obiettivo del progetto Ace.vù, di durata quadriennale
Roma, 8 nov. (askanews) – Produrre un aceto biologico vulcanico dell’Etna, 100% made in Sicily, utilizzando tecniche innovative e vitigni tipici del territorio etneo: Nerello mascalese, Nerello cappuccio e Carricante. La Sicilia scommette sull’aceto di alta qualità e lo fa con il progetto ACE.VÙ, “Trasferimento di Innovazioni per produzione e la commercializzazione di aceto siciliano di qualità superiore”, finanziato dalla misura 16.1 del PSR Sicilia 2014/2022.
Giunto al secondo anno di attività, al progetto (di durata quadriennale) partecipano quattro aziende vitivinicole partner, un’impresa di commercializzazione e, per la parte scientifica, il dipartimento Di3A dell’Università di Catania.
Otto lotti di due ettari di superficie ciascuno, coltivati con vitigni tipici dell’Etna in regime di disciplinare di produzione biologica. “I primi lotti di prodotto raccolti l’anno scorso – ricorda l’innovation broker, Giuseppe Trovato – sono già passati alle analisi sensoriali e sono ora in maturazione”, mentre è appena partita la raccolta di uve per avviare il processo di acetificazione del mosto ottenuto secondo standard qualitativi elevati.
Nel progetto sono indicati due metodi di produzione, quello statico e quello dinamico. Il primo, tradizionale di fermentazione e invecchiamento in botti di legno per l’ottenimento di aceti a carattere artigianale. Il secondo si avvale di apparecchiature, un fermentatore e un acetificatore che accelereranno la produzione di aceto di vino, derivato dalla fermentazione acetica sulla materia prima, il vino.
Uno degli obiettivi del progetto ACE.VÙ è appunto quello di utilizzare le uve che nascono in condizioni pedoclimatiche e in substrati vulcanici e in quota, ricchi di acidi e di mineralità, che crescono proprio nello stesso territorio dove si ottengono le eccellenze del vino, al fine di sintetizzare il terroir vulcanico.
Franco Miceli, produttore di Castiglione di Sicilia, Barone Di Miceli, ente capofila, spiega che il progetto punta a realizzare “un aceto di qualità, realizzato con uve coltivate e controllate per una precisa destinazione, che siano un concentrato delle migliori caratteristiche del nostro territorio etneo. Siamo assai lontani dal preconcetto di un aceto, frutto di uve di scarto. Qui parliamo di nuovi processi tecnologici, di metodi di coltivazione, di selezione e di analisi, come quelli riservati alle uve selezionate per il vino”.