
Ricerca: per 8 italiani su 10 difficile capire notizia vera o falsa
Roma, 27 giu. (askanews) – Si informano scegliendo gli strumenti digitali che hanno a portata di mano (social media e motori di ricerca) ma in realtà si fidano di più di giornali e telegiornali. Considerano importante l’informazione (68,4%) ma poi la maggioranza dedica meno di mezz’ora al giorno (63,5%) a scoprire cosa succede in Italia e nel mondo. Ammettono però, 8 su 10, di avere difficoltà a capire se una notizia è vera o falsa. Chiedono più regole, anche per chi fa informazione senza essere un giornalista, e temono l’intelligenza artificiale, che non sembra portare nulla di buono in termini di affidabilità e imparzialità.
Sono gli italiani al tempo della disintermediazione, l’informazione senza filtri professionali, che arriva loro incontro da mille fonti, affidabili e non, e li disorienta. Spingendoli – è il primo paradosso fra i tanti riscontrati dalla ricerca – a un consumo dettato più dalla convenienza e dall’abitudine che da una scelta di fiducia. Gli italiani attingono da fonti che essi stessi, in larga misura, non reputano attendibili, evidenziando una vulnerabilità strutturale nel modo in cui la società accede alla conoscenza.
Ecco il quadro che emerge dalla ricerca demoscopica “Senza filtri: l’informazione nell’epoca della disintermediazione tra opportunità e caos” condotta a maggio 2025 da AstraRicerche su un campione rappresentativo della popolazione italiana (1.023 interviste, metodo cawi, su un campione 18-70enni residenti in Italia).
L’indagine è stata promossa da INC, una delle principali società italiane di consulenza e PR, che quest’anno celebra 50 anni di attività. Con un team di 60 persone, tra Roma e Milano, un portfolio di oltre 50 clienti tra cui numerosi brand di primo piano italiani ed internazionali ed un fatturato che nel 2025 supererà i 6,5 milioni di euro (che negli ultimi cinque anni ha registrato un tasso annuo di crescita dell’11%), INC è oggi una delle principali agenzie di PR del Paese, inserita quest’anno da PRovoke Media tra le 50 migliori agenzie PR in Europa.
Resi noti, i dati fotografano una nazione che ritiene i giornalisti sempre più affidabili ma sempre meno seguiti, con una crescente difficoltà nel distinguere le fake news ed un timore condiviso verso nuove formule di accesso all’informazione come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
“In questo contesto, fatto di informazione onnipresente e fiducia intermittente, emerge, da parte degli Italiani, una domanda di competenza e affidabilità che chiama in causa tutti noi che ci occupiamo di comunicazione: giornalisti, influencer e creators, professionisti che operano in azienda e nella consulenza. La ricerca offre spunti di riflessione cruciali anche per le strategie di comunicazione di brand e organizzazioni. Perché in un mondo dove tante persone trovano difficoltà a distinguere le notizie vere da quelle false, il rischio che una fake news, alimentata da algoritmi, intelligenze artificiali e condivisioni inconsapevoli, possa danneggiare la reputazione di un’azienda o di una NGO, è reale e tangibile. Ed è un rischio che va gestito con attenzione e professionalità” dichiara Pasquale De Palma, Presidente e Amministratore delegato di INC.
Nell’era della disintermediazione e dell’informazione senza filtri, gli italiani vivono un rapporto profondamente contraddittorio con l’informazione. La consumano voracemente attraverso gli strumenti digitali che hanno a portata di mano, ma quando si tratta di fiducia guardano ancora con convinzione ai media tradizionali, con in testa quotidiani e telegiornali.
“Assistiamo a un fenomeno nuovo, che potremmo definire di masochismo informativo… Consideriamo importante l’informazione ma poi scegliamo soprattutto i canali – social media, aggregatori di notizie, amici e familiari – che pure riteniamo meno attendibili rispetto ai media tradizionali, on line e cartacei, nei quali invece abbiamo massima fiducia. Spetta a noi professionisti dell’informazione cercare di capire cosa si può fare per uscire da questo vicolo cieco e come aiutare gli italiani che sembrano disorientati e non in grado di farcela da soli. Bisogna anche avere il coraggio di dire che la disintermediazione oggi è un rischio per le democrazie, fortemente voluta da poteri politici ed economici e dagli interessi delle piattaforme social, che la guidano e la alimentano, sempre perseguendo un interesse personale che non coincide con la verità” commenta Paolo Mattei, vice Presidente di INC, che ha coordinato il gruppo di lavoro sulla ricerca.
“Urge colmare il divario tra consumo e fiducia, investire in alfabetizzazione mediatica per dotare i cittadini degli strumenti per orientarsi, e definire un quadro di regole che responsabilizzi tutti gli attori dell’ecosistema informativo, vecchi e nuovi. Dalla ricerca emerge chiaramente come la richiesta non sia di tornare a un passato di pochi detentori dell’informazione, ma di costruire un futuro in cui la libertà di informazione sia sinonimo di qualità e non di caos” spiega Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche.