Parlamento Ue alla resa dei conti su ripristino della natura
Domani voto cruciale per decidere eventuali nuove maggioranze
Strasburgo, 11 lug. (askanews) – Polarizzazione estrema e scontro epocale tra le forze politiche al Parlamento europeo, che voterà domani a mezzogiorno sul regolamento Ue per il ripristino della natura.
Un testo che il Ppe, appoggiato dai Conservatori (Ecr) e dall’estrema destra (Id), chiede alla Commissione europea di ritirare, perché tanto mal concepito da essere inemendabile, mentre i gruppi dei Socialisti e Democratici (S&D), della Sinistra, dei Verdi e la maggioranza (il 70% circa) dei liberali di Renew lo difendono strenuamente, pronti anche a dolorosi compromessi al ribasso pur di salvarlo.
In due ore e mezzo di acceso dibattito, la plenaria ha visto oggi scambi di accuse e recriminazioni senza precedenti tra gli eurodeputati dei due schieramenti.
Il regolamento, che è già stato prima annacquato e poi approvato in prima lettura (posizione negoziale) dal Consiglio Ue dell’Ambiente il 20 giugno a maggioranza qualificata (senza il sostegno di Italia, Olanda, Belgio, Polonia, Austria, Finlandia e Svezia), prevede sostanzialmente di dare attuazione agli impegni che i paesi Ue hanno preso nella Conferenza di Montreal del dicembre scorso sulla biodiversità. Secondo la proposta, gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a ridurre il declino della biodiversità ripristinando almeno il 20% degli habitat naturali degradati sul proprio territorio entro il 2030, con l’obiettivo di arrivare al 50% entro il 2050.
Secondo il Ppe e la destra, il regolamento significherebbe una minaccia grave per la sopravvivenza delle aziende agricole, soprattutto le piccole e medie, per la produzione di cibo, con conseguenze sulla sicurezza alimentare, sulle catene di approvvigionamento del settore, e sui prezzi agroalimentari, che aumenterebbero, ma solo per arricchire la distribuzione, mentre gli agricoltori, obbligati ad attuare sempre nuovi obiettivi ambientali senza avere alcun nuovo sostegno economico, sarebbero lasciati soli a lottare, in più, contro adempimenti burocratici sempre più pesanti, come sta già succedendo, d’altra parte, con gli “eco-schemi” della nuova Pac (Politica agricola comune), entrata in vigore solo a gennaio.
In più, il centro destra denuncia un presunto divieto di produzione sul 10% dei terreni agricoli (per tutelare la biodiversità) e gli obblighi previsti dal regolamento che cozzerebbero con le esigenze dell’aumento della produzione di energia rinnovabile, in particolare obbligando allo smantellamento dei più vecchi impianti idroelettrici e vietando installazioni eoliche o solari nelle sone protette.
L’altra parte dell’Aula respinge come basate su “fake news” ed esagerazioni, diffuse scientemente e in malafede, gran parte di queste critiche. Secondo il fronte ambientalista, quello che sta succedendo è frutto di una spregiudicata strumentalizzazione politica da parte del presidente del Ppe, il tedesco Manfred Weber, che non ha niente a che vedere con i contenuti reali del regolamento.
Weber sta facendo una scommessa azzardata sul fatto che, cavalcando e rappresentando il malcontento di alcune forze produttive del mondo industriale e agricolo contro il Green Deal di Ursula von der Leyen, anch’essa del Ppe, sarà possibile rafforzare e coagulare tutto il centro-destra in un’alleanza strategica “modello Meloni” con i Conservatori, con la parte più conservatrice (soprattutto gli olandesi) dei Liberali di Renew e con l’appoggio esterno, ma immancabile nelle battaglie anti ambientaliste, dell’estrema destra.
In vista delle elezioni europee dell’anno prossimo, il Ppe si propone sostanzialmente di sostituire Renew come gruppo-pivot del Parlamento europeo, quello che oggi decide con i suoi spostamenti se vincono alleanze liberal conservatrici con il centro destra o maggioranze social-ambientaliste con il centro sinistra e i Verdi. Sarebbe la fine dell’attuale “maggioranza Ursula”, basata proprio su Ppe, S&D e Renew, con l’appoggio esterno dei Verdi (e anche del M5s).
Per questo il Ppe si è ritirato (fatto quanto mai insolito) dai negoziati sugli emendamenti per il regolamento sul ripristino della natura, e insiste nel chiedere il semplice rigetto del testo. Su questo Weber ha già ottenuto tre vittorie, con la bocciatura del regolamento nelle commissioni europarlamentari Agricoltura, Pesca e Ambiente. Ma il voto in plenaria è un’altra cosa, nessuno può prevederne il risultato, e la maggioranza in un senso o nell’altro sarà basata su pochissimi voti di differenza, forse meno di 10.
Al voto in aula domani si comincerà con la proposta di rigetto puro e semplice del testo presentato dalla Commissione. Se passerà il rigetto, non potrà cominciare il negoziato a tre con il Consiglio Ue e la Commissione (“trilogo”) e bisognerà passare alla seconda lettura, con il rischio di una nuova bocciatura dell’Europarlamento che comporterebbe il ritiro inevitabile della proposta.
La Commissione potrebbe anche decidere in qualsiasi momento di ritirare il testo, ma il commissario all’Ambiente, Viginius Sinkievicius, ha assicurato di non avere l’intenzione di farlo, perché “un compromesso è ancora possibile” e perché si perderebbero altrimenti “almeno altri tre anni” prima di poter avere un nuovo regolamento, troppo a ridosso del 2030.
L’altra possibilità è che il rigetto non passi. A quel punto, si voterà in blocco un pacchetto di emendamenti presentato dal gruppo Renew che riprende integralmente la posizione negoziale approvata dal Consiglio Ue (in cui ci sono 10 governi a guida Ppe). Se, come è probabile, il pacchetto a questo punto venisse approvato, si sarebbe già sulla buona strada per un accordo veloce nel “trilogo” con il Consigio Ue.
Tutti i gruppi del fronte ambientalista (Verdi, Sinistra, Socialisti e Democratici e lo stesso Renew, o almeno la sua maggioranza) hanno annunciato oggi che voteranno a favore di questo compromesso, molti a malincuore, vista la riduzione delle ambizioni che comporta, in particolare con la rimozione di diversi obiettivi obbligatori.
A questo punto, potranno essere votati anche altri 130 emendamenti, presentati dai diversi gruppi per rafforzare in senso ambientalista il testo di compromesso, ma con poche probabilità, enlla maggiora parte dei casi, di raccogliere ancora la maggioranza necessaria.