
La Nato verso il pilastro europeo dopo l’accordo all’Aia
L’Aia, 26 giu. (askanews) – (di Cristina Giuliano) “L’Europa è parte integrante della Nato” ha detto ieri il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e se si vuole stare al pari degli Usa ovvero “un pilastro europeo e uno americano” dell’Alleanza, “dobbiamo investire di più in sicurezza, perché se no, non c’è equilibrio tra Europa ed altri e la nostra sicurezza è in pericolo”. Le dichiarazioni del ministro sono state pronunciate nella tarda mattinata, precedevano di poche ore l’ufficializzazione del comunicato di fine vertice dell’Aia.
Per arrivare ad esso la strategia italiana è stata “vincente”, secondo una fonte di askanews. Nel testo è contenuta una “notevole flessibilità” e un percorso verso il 5% del Pil di spesa, fra ‘core’ (3,5%) e infrastrutture per la difesa (1,5%) lungo 10 anni, con la possibilità di fare il punto nel 2029. E se non solo a Donald Trump, non è piaciuta l’uscita tardiva della Spagna – che per dirla con il leader americano vuole “un giro gratis” -, il testo approvato da tutti i 32 Paesi membri è frutto di un “negoziato serio” condotto dalla parte italiana, con “paletti ben chiari” e “massima possibile flessibilità”.
Il panorama negoziale presentava due fronti principali: l’ala di quelli che volevano più flessibilità nella considerazione dei vari settori da mettere all’interno delle spese per la difesa (spagnoli, belgi, lussemburghesi, in parte canadesi) e poi chi spende già il 5% e talora addirittura il 6% del Pil, principalmente per motivi di elevata vicinanza con la Russia: insomma i baltici (compresi i polacchi) che avrebbero voluto un 5% immediato. Qualcuno dominato dal pessimismo era assolutamente convinto che non si sarebbe mai riusciti a spendere tali cifre. L’impostazione italiana – da quanto raccontano le fonti – è stata un’impostazione seria: dato per scontato che il richiamo americano fosse giusto, perché a 80 anni dalla seconda guerra mondiale e 35 dalla fine della guerra fredda, è il momento per l’Europa di imparare a camminare con le proprie gambe per la propria difesa, d’altra parte non si può chiedere ai cittadini europei abituati ad un certo stile di vita, ad un certo welfare, di rinunciare a buona parte, in virtù di pericoli che non tutti percepiscono allo stesso modo.
Certo la percezione del pericolo è legata anche alla storia politica dei singoli Paesi, alla situazione geopolitica e alla posizione geografica: chiaro che chi è nei paesi baltici o in Polonia ha una percezione del pericolo russo più imminente, di chi sta in Spagna, in Italia, in Grecia o in Francia.
Inizialmente la proposta del segretario generale dell’Alleanza Mark Rutte era dedicare il 5% del Pil entro 7 anni alla difesa. Ma in 7 anni non ce la faceva nessuno ad arrivare a quello che si chiedeva. Su spinta anche italiana si è dunque passati a 10 anni. Altro aspetto, la review del 2029, che secondo Roma aveva due valori: offrire un mid term per vedere se tutto quello che si sta costruendo adesso avrà un senso oppure no più a lungo termine, oltre a darsi tempo, perché magari le cose potessero essere cambiate nel 2029 e la Nato stabilirà i nuovi “capability target” e in base ad essi stabilire nuovi obiettivi di spesa.
Un altro passaggio chiave è stata la flessibilità: oltre al 3,5% per la difesa – che è più o meno quello che già destinano gli americani -, l’altro 1,5% doveva essere il più flessibile possibile. Prevedere spese che ad esempio rendano un ponte o una strada capaci di accogliere la mobilità militare. E su questo c’è stato, secondo quanto raccontano le fonti una battaglia negoziale da parte di britannici, francesi e canadesi, oltre che italiani: sul piatto credibilità, serietà, impostazioni logicamente difendibili. Alla fine si è scoperto che nonostante qualche sopracciglio alzato iniziale, un po’ di flessibilità faceva comodo a tutti. Anche se non è mancata la sorpresa finale. “Gli spagnoli si sono trincerati dietro britannici, francesi, canadesi e italiani, salvo poi minacciare di andarsene portando via il pallone”, commenta una fonte.
Nei vari incontri è infine emersa la necessità di rafforzare il pilastro europeo della Nato, che non è il pilastro dell’Unione europea: un’alleanza per essere tale ha bisogno della convinta partecipazione di tutti gli alleati, e tutti devono farsi carico delle spese, degli oneri e degli onori. Inoltre da quando hanno aderito alla Nato Finlandia e Svezia, il 97% dei cittadini dell’Unione Europea è anche cittadino dei paesi della Nato. E il 97% dei cittadini significa contribuenti fiscali. Se a loro si aggiungono britannici, norvegesi e islandesi, “si capisce che la difesa europea c’è già, ed è quella della Nato”.