In mostra “Cristo bruciato”: probabile modello del ‘Cristo velato’

In mostra “Cristo bruciato”: probabile modello del ‘Cristo velato’

Roma, 8 giu. (askanews) – E’ considerato il probabile modello “Cristo velato”, il capolavoro scultoreo di Giuseppe Sammartino commissionato dal principe-alchimista Raimondo de’ Sangro – conosciuto come il Principe di Sansevero – e conservato presso l’affascinante Cappella Sansevero di Napoli. Ma è anche un suggestivo esempio di collaborazione tra la mano umana e le forze della natura. Si tratta del “Cristo bruciato”, un’incredibile scultura di legno semicarbonizata che, dopo 250 anni di sostanziale silenzio, è eccezionalmente in mostra a Torremaggiore (Fg) presso il Castello ducale dei de’ Sangro fino al 31 agosto.

La storia del “Cristo bruciato” è degna di una trama da romanzo. Originariamente, quello che oggi è conosciuto come “Cristo bruciato” fu voluto nel 1673 dal bisnonno di Raimondo, Giovan Francesco, V principe di San Severo, in ricordo della moglie morta giovane. La statua lignea fu quindi collocata nella cappella palatina del Castello ducale di Torremaggiore, dove il piccolo Raimondo trascorse la sua infanzia, prima di trasferirsi a 16 anni in pianta stabile a Napoli presso la corte dei Borbone.

Quando decise di trasformare la Cappella Sansevero di Napoli in un mausoleo di famiglia, uno scrigno d’arte e cultura che affascina ancora oggi migliaia di turisti e visitatori, e incaricò il Sammartino di realizzare una scultura dedicata al Cristo morto, secondo alcune teorie, pose come modello proprio la scultura lignea che vedeva ogni giorno nella cappella palatina del castello di famiglia.

Nel 1756 fu lo stesso Raimondo a decidere di far spostare la scultura lignea nella Chiesa di Sant’Anna, che il nonno Paolo de’ Sangro aveva fatto edificare vicino al Castello per ospitare le tombe di famiglia. Lì fu presa in seguito in custodia dall’Arciconfraternita del Rosario della città di Capitanata, recentemente nominata dalla Regione Puglia “Città d’Arte”.

La storia del probabile modello del “Cristo velato”, tuttavia, non finisce qui. Nel 1926 scoppiò un incendio nella Chiesa di Sant’Anna e il “Cristo morto” prese fuoco. La natura massiccia del legno e l’intervento dei fedeli – che spensero il fuoco sul Cristo con un provvidenziale cappotto – riuscirono a salvare la statua nella sua forma, ma la superficie non fu risparmiata. Così si ritenne di murare sotto l’altare della Chiesa il Cristo, ormai inutilizzabile nelle processioni, e si perse memoria di questa incredibile scultura. Solo casualmente, durante lavori di ristrutturazione in anni recenti, avvenne il rinvenimento.

Questo incredibile “negativo” del “Cristo velato”, è stato riportato per la mostra organizzata dalla Città di Torremaggiore e dall’Arciconfraternita del Rosario, nel suo luogo originario, cioè la cappella palatina del Castello, assieme a un’opera dello scultore napoletano Domenico Sepe, intitolata il “Cristo rivelato”, per una mostra che chiuderà i battenti l’ultimo giorno di agosto e che sta già richiamando l’attenzione di moltissimi visitatori.

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