Il Padiglione Italia di Fosbury: architettura collaborativa

Il Padiglione Italia di Fosbury: architettura collaborativa

Nove progetti transdisciplinari per la Biennale Architettura

Milano, 27 apr. (askanews) – “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” è il titolo del Padiglione Italia alla 18. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della cultura e curato da Fosbury Architecture (Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino e Claudia Mainardi).

Per la prima volta un gruppo curatoriale costituito da architetti nati tra il 1987 e il 1989 porta a Venezia le istanze di una nuova generazione di progettisti under 40 (nove gruppi di progettisti e altrettanti advisor, professionisti provenienti da diversi campi delle industrie creative, per un totale di circa 50 persone con età media di 33 anni) cresciuta e formatasi in uno scenario di crisi permanente e che per questo ha fatto della collaborazione, della condivisione e del dialogo la base di ogni propria attività. Una generazione consapevole, da un lato, dell’impatto e della responsabilità del settore delle costruzioni nella crisi ambientale e, dall’altro, della crisi di rilevanza dell’architettura e del progetto nella trasformazione di città e territori. Una generazione di progettisti che, rispetto alle precedenti, è cresciuta in un regime di scarsità di risorse e di opportunità, che vive come cruciale il tema della sostenibilità, e che sa che questo è l’unico contesto nel quale potrà operare ora e in futuro.

Fosbury Architecture si fa portavoce di quei progettisti italiani “nativi sostenibili” che hanno già accettato tutte queste sfide, per i quali la transdisciplinarietà è uno strumento per espandere i limiti dell’architettura e il manufatto costruito è un mezzo e non un fine ultimo. “Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” nasce da questi presupposti e si fonda sulla visione dell’Architettura come pratica di ricerca multidisciplinare al di là dei manufatti e della Progettazione come risultato di un lavoro collettivo e collaborativo, che supera l’idea dell’architetto-autore. In questa visione, lo spazio è inteso come luogo fisico e simbolico, area geografica e dimensione astratta, sistema di riferimenti conosciuti e territorio di possibilità.

Spaziale fa dunque riferimento a una nozione espansa del campo dell’architettura: intervenire nello spazio significa operare su quel tessuto di relazioni tra persone e luoghi che è alla base di ogni progetto.

“Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri” porta al centro del Padiglione Italia un processo collaborativo ad ampio spettro, un progetto inclusivo che coinvolge figure di eccellenza e comunità locali, mettendo in scena le migliori ricerche portate avanti da architetti italiani under 40 in relazione a specifiche necessità territoriali.

Per la prima volta, infatti, il Padiglione Italia è stato interpretato dai curatori come l’occasione per realizzare nuovi progetti: un attivatore di azioni concrete a beneficio di territori e comunità locali, oltre l’idea che una mostra debba essere solo “esibizione”. Per questa ragione una parte consistente dei fondi pubblici destinati al Padiglione è stata utilizzata per innescare nuovi processi o potenziare progetti esistenti aggiungendovi un nuovo capitolo.

Fosbury Architecture ha individuato e invitato a collaborare nove pratiche spaziali, progettisti chiamati a sviluppare nove progetti pionieri per il Padiglione Italia: nove pratiche di architettura – architetti o gruppi italiani under 40 rappresentativi di ricerche originali, attivi in Italia e all’estero – selezionati in base all’attitudine con cui operano, i territori in cui intervengono, i mezzi che utilizzano, le questioni che sollevano e le risposte che suggeriscono, e che rappresentano un elenco, seppure incompleto, di professionisti italiani che lavorano lungo il perimetro di ciò che è considerato oggi architettura.

Per rendere i nove progetti dei prodotti transdisciplinari genuini, i curatori hanno affiancato a ciascun progettista un advisor, proveniente da altri campi della creatività: artisti visivi e performer, esperti di alimentazione e di intelligenza artificiale, scrittori e registi.

Sono state poi individuate nove stazioni, siti rappresentativi di condizioni di fragilità o trasformazione del nostro Paese, dove ciascun gruppo transdisciplinare è stato chiamato a intervenire. Infine, ciascun gruppo di progettazione ha collaborato e collaborerà con una serie di incubatori – attori locali come musei, associazioni, festival culturali – con l’obiettivo di radicare ciascun progetto nel territorio di riferimento.

In questo modo i nove progetti legati al Padiglione Italia andranno a configurare le tappe di un’inedita geografia, diventando mete simboliche di un rinnovato Viaggio in Italia.

Il lavoro di ciascun gruppo risponde a una serie di temi urgenti per il contesto italiano e la disciplina in generale: sfide ‘impossibili’ se arontate a livello globale ma che arontate nei contesti locali sono in grado di produrre riscontri immediati e tangibili.

A Taranto la convivenza con il disastro verrà raccontata sui tetti della città dal collettivo Post Disaster in dialogo con Silvia Calderoni e Ilenia Caleo. Nella Baia di Ieranto, oasi naturalistica del FAI nei pressi di Napoli, gli architetti BB – Alessandro Bava e Fabrizio Ballabio – con Terraforma Festival metteranno in scena la riconciliazione con l’ambiente. A Trieste la coesistenza multiculturale verrà analizzata lungo il confine italo-sloveno da Giuditta Vendrame con Ana Shametaj. A Ripa Teatina, in provincia di Chieti, gli HPO con Claudia Durastanti coinvolgeranno la comunità nel recupero del patrimonio incompiuto. Nella terraferma veneziana, tra Mestre e Marghera, i Parasite 2.0 con Elia Fornari affronteranno il tema dell’inclusione sociale lavorando sulla democratizzazione delle attività ricreative. A Cabras, nel Montiferru in Sardegna, il gruppo Lemonot lavorerà con Roberto Flore sulla transizione alimentare. A Librino, quartiere di Catania, Studio Ossidiana collaborerà con Adelita Husni Bey a un progetto di rigenerazione delle periferie. A Belmonte Calabro, a rappresentare le aree interne italiane, il collettivo Orizzontale con Bruno Zamborlin si interrogherà sul superamento del divario digitale. Infine, nella piana fra Prato e Pistoia, i progettisti (ab)Normal e CAPTCHA in collaborazione con Emilio Vavarella investigheranno i limiti della tutela del paesaggio e della sua riproducibilità.

All’interno del Padiglione Italia non verrà dunque presentato un progetto finito, ma l’avvio di una serie di iniziative che avrà un impatto di lunga durata.

Dal punto di vista espositivo, il Padiglione restituirà la sintesi formale e teorica dei processi innescati nei nove territori nei mesi precedenti all’apertura, da gennaio a maggio, restituendo una diversa e originale immagine dell’architettura italiana nel contesto internazionale.

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