“Harvest” il western di Tsangari sul trauma della modernità

“Harvest” il western di Tsangari sul trauma della modernità

La regista: “Volevo raccontare una comunità ancora innocente”

Venezia, 3 set. (askanews) – Applausi in conferenza stampa per “Harvest” della regista di origine greca Athina Rachel Tsangari, film in concorso all’81^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nel cast Caleb Landry Jones, Harry Melling, Rosy McEwen, Arinzé Kene, Thalissa Teixeira, Frank Dillane.

Al centro della trama del film sette giorni allucinati in cui si assiste alla scomparsa di un villaggio scozzese presumibilmente medievale, senza nome in un’epoca e un luogo indefiniti. In questa tragicomica interpretazione del genere western, Walter Thirsk, uomo di città datosi all’agricoltura, e l’impacciato proprietario Charles Kent, suo amico d’infanzia, stanno per affrontare un’invasione dal mondo esterno: il trauma della modernità. Il film è un adattamento del romanzo omonimo “Harvest” di Jim Croce.

La registra  “Mi piaceva raccontare una comunità innocente che non capiva il senso del potere e della rivincita, una sorta di società nascosta che si trova in una situazione precapitalista. Volevo fare un western, anche se il film è ambientato nella Scozia occidentale. Uno dei miei periodi preferiti del cinema americano è quello degli anni ’70, quindi i western con personaggi molto variabili inseriti nella natura.  L’uomo a contatto con una natura onnipotente.Abbiamo avuto la possibilità di esaminare il momento in cui tutto ha avuto inizio – ha proseguito – per noi che nel XXI secolo siamo eredi di una storia universale di perdita della terra. Per me, Harvest è un film sulla resa dei conti. Cosa abbiamo fatto? In che direzione stiamo andando? Come possiamo salvare il suolo, il sé all’interno dei beni comuni? Harvest si svolge in un mondo liminale, e illustra le prime crepe della ‘rivoluzione’ industriale. Che rivoluzione non è stata. Una comunità agricola viene sconvolta da tre tipi di forestieri: il cartografo, il migrante e l’uomo d’affari, tutti archetipi di cambiamenti sconvolgenti”.

Per Tsangari “La cosa importante era trovare il luogo non costruirlo, non abbiamo costruito né invaso ma semplicemente abitato un luogo che esisteva già”.

Caleb Landry Jones ha spiegato che tutto il caso si è immerso “in modo diversi nei personaggi e abbiamo imparato a fare cose che mai avremmo pensato, c’era un coreografo che ha creato dei balli per noi. Dovevamo imparare ad essere liberi col nostro corpo. Doveva dimostrare chi erano i personaggi attraverso il movimento. Abbiamo potuto esplorare chi eravamo in questo film e vivevamo tutti insieme”.

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