Gaza, rapporto Kallas ai 27 per Consiglio Ue: “Israele viola i diritti umani”

Gaza, rapporto Kallas ai 27 per Consiglio Ue: “Israele viola i diritti umani”

Bruxelles , 21 giu. (askanews) – ‘Sulla base delle valutazioni effettuate dalle istituzioni internazionali indipendenti’, e in particolare dalla Corte Internazionale di Giustizia (Cig), l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani (Ohchr), la Corte Penale Internazionale (Cpi), il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per i Bambini e i Conflitti Armati, il Comitato Onu sui Diritti dell’Infanzia e l’Ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha), ‘vi sono indicazioni che Israele violerebbe i propri obblighi in materia di diritti umani ai sensi dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele’.

Sono le conclusioni del rapporto, di cui Askanews ha preso visione, sulla valutazione del rispetto, da parte dello Stato ebraico, dell’articolo 2 dell’Accordo di Associazione Ue-Israele, che l’Alta Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune europea, Kaja Kallas, ha inviato ieri ai ministri degli Esteri dei Ventisette, in vista della discussione che avranno in Consiglio Ue lunedì 23 giugno, a Bruxelles. Secondo l’Articolo 2, ‘le relazioni tra le Parti, nonché tutte le disposizioni dell’Accordo’ di Associazione Ue-Israele, ‘si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guidano la loro politica interna e internazionale e costituiscono un elemento essenziale’ dell’Accordo stesso.

Il rapporto è stato elaborato, su richiesta di Kaja Kallas, dall’Ufficio del Rappresentante Speciale dell’Ue per i Diritti Umani. I ministri degli Esteri dovranno decidere se sospendere l’Accordo con Israele, o se prendere altre misure o sanzioni nei confronti dello Stato ebraico, oppure se limitarsi ad avvertimenti verbali, richieste o appelli senza conseguenze concrete.

All’inizio del testo, di sei pagine, si precisa che ‘basandosi su fatti verificati e valutazioni effettuate da istituzioni internazionali indipendenti, e concentrandosi sui più recenti eventi a Gaza e in Cisgiordania, la nota fornisce una breve panoramica delle severe accuse di gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani (Ihrl) e del diritto internazionale umanitario (Ihl)’. La nota ‘si concentra sulle presunte violazioni commesse da Israele nei Territori Palestinesi Occupati. Le violazioni commesse da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi non rientrano nell’ambito di applicazione’ del documento, che, si puntualizza, ‘non include alcun giudizio di valore’ da parte dell’Ufficio del Rappresentante Speciale per i Diritti Umani, dell’Alta Rappresentante Kaja Kallas o dell’Ue.

Ricostruendo il contesto della situazione a Gaza, il rapporto ricorda che ‘in risposta agli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023, Israele ha lanciato un’intensa campagna militare, che ha comportato l’uso di armi con effetti ad ampio raggio in aree densamente popolate e severe restrizioni all’ingresso e alla distribuzione di beni e servizi essenziali’ nella Striscia.

Dopo il cessate il fuoco di due mesi dell’inizio del 2025, era stato consentito un maggiore afflusso di aiuti umanitari, ‘tuttavia, il 2 marzo 2025, per 11 settimane, le autorità israeliane hanno imposto un blocco totale su Gaza, vietando l’ingresso di qualsiasi rifornimento, inclusi cibo, medicine e carburante’. Il cessate il fuoco è poi ‘terminato il 18 marzo 2025, quando Israele ha lanciato una nuova operazione militare: bombardamenti aerei, terrestri e marittimi e operazioni terrestri estese hanno causato vittime civili, distruzione di infrastrutture civili, inclusi rifugi e materiale indispensabile alla sopravvivenza della popolazione, e sfollamenti su larga scala di persone’. Il 19 maggio, Israele ha temporaneamente consentito all’Onu di riprendere la consegna di quantità limitate di aiuti a Gaza, ma ‘carburante, rifornimenti per rifugi, prodotti per l’igiene e attrezzature mediche sono rimasti bloccati’.

Poi, rileva il rapporto, ‘il 27 maggio, Israele ha avviato un meccanismo di distribuzione militarizzata di rifornimenti alimentari (‘Gaza Humanitarian Foundation – Ghf’). Gli attori umanitari delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazioni in merito al meccanismo, che ritengono incompatibile con i principi umanitari di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza, e inappropriato per la distribuzione di aiuti su larga scala. Le Nazioni Unite (…) hanno avviato un’indagine sugli attacchi mortali segnalati nei pressi dei siti di distribuzione degli aiuti da parte della Ghf’.

‘Il sistema militarizzato di distribuzione degli aiuti istituito da Israele – si legge più avanti nel rapporto – solleva preoccupazioni, oltre a comportare la continua presenza di Israele (forze militari) nella Striscia di Gaza. Il meccanismo è associato a ripetuti episodi di sparatorie contro palestinesi che cercano di accedere a rifornimenti alimentari, con conseguenti vittime di massa’.

Per quanto riguarda il contesto in Cisgiordania, il rapporto rileva che ‘l’impatto e gli ostacoli al godimento dei diritti umani derivanti dalle politiche e dalle pratiche israeliane sono ampiamente documentati (anche dalla Corte Internazionale di Giustizia). Le tendenze negative in materia di discriminazione, oppressione e violenza contro i palestinesi sono peggiorate dal 7 ottobre, con una crescente tensione tra palestinesi e israeliani (inclusa la violenza dei coloni) e una continua espansione degli insediamenti’.

‘Le segnalazioni fanno riferimento a uso eccessivo e illegale della forza’ con ‘attacchi da parte di coloni israeliani, con vittime e feriti palestinesi, uccisioni di militari e civili israeliani, gravi violazioni contro i minori, tra cui uccisioni e mutilazioni di bambini, diniego di accesso umanitario (anche per chi ha bisogno di cure mediche specialistiche), attacchi a scuole e ospedali’, e poi ‘arresti e detenzioni arbitrari o illegali, maltrattamenti e violenza di genere’.

Per quanto riguarda Gaza, secondo il rapporto, le possibili violazioni dei diritti umani da parte di Israele, in qualità di ‘potenza occupante’, riguardano innanzitutto gli aiuti umanitari bloccati, negati o limitati per la popolazione, e gli obblighi previsti dal Diritto umanitario internazionale di trattare i civili con umanità, di fornire o facilitare l’ingresso e la distribuzione degli aiuti, di adottare misure per ripristinare e garantire, per quanto possibile, l’ordine pubblico e la sicurezza, e di rispettare ‘i principi di distinzione, proporzionalità e precauzioni in caso di attacco’.

Israele deve garantire, ‘con tutti i mezzi a sua disposizione’, standard igienici e di salute pubblica adeguati e la fornitura di cibo e medicinali alla popolazione sotto occupazione. Inoltre, se l’intera popolazione, o parte di essa, non è adeguatamente rifornita, Israele deve ‘accettare i programmi di soccorso a favore di detta popolazione e (…) facilitarli con tutti i mezzi a sua disposizione’.

‘Il blocco degli aiuti umanitari – rileva il rapporto – appare incompatibile con il principio di distinzione, in quanto colpisce indiscriminatamente l’intera popolazione di Gaza. Blocchi e chiusure sono stati descritti come equivalenti a punizioni collettive, vietate dal Diritto umanitario internazionale.

Altre possibili violazioni riguardano il Diritto internazionale dei diritti umani, e in particolare i diritti politici, economici, sociali e culturali, della popolazione di Gaza. ‘Il blocco colpisce tutti gli aspetti della vita dei palestinesi e, pertanto, viola la realizzazione e il godimento dei loro diritti umani, in violazione degli obblighi internazionali di Israele ai sensi dei pertinenti trattati sui diritti umani’.

‘Il blocco e le restrizioni agli aiuti umanitari violano le misure provvisorie della Corte Internazionale di Giustizia, che sono vincolanti per Israele’. Nel 2024, ricorda il rapporto, ‘la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di garantire, in cooperazione con le Nazioni Unite, la fornitura senza ostacoli su vasta scala di servizi di base urgenti e assistenza umanitaria ai palestinesi in tutta Gaza, e di mantenere aperto il valico di Rafah, al fine di impedire che siano commessi atti rientranti nell’ambito della Convenzione sul Genocidio’.

Il monitoraggio dell’Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani (Ohchr) indica che il ‘livello senza precedenti di uccisioni e feriti di civili’ a Gaza è stato ‘una conseguenza diretta del mancato rispetto, da parte delle Forze di Difesa Israeliane (Idf), dei principi fondamentali del Diritto internazionale umanitario’, ovvero i principi di distinzione, proporzionalità e precauzione negli attacchi. Secondo l’Alto Commissariato, ‘delle morti palestinesi accertate causate da attacchi contro edifici residenziali a Gaza, il 44% riguardavano bambini, principalmente bambini piccoli e neonati’. I dati sulla distribuzione delle vittime nell’attuale escalation, per età e per genere, indicano ‘attacchi indiscriminati’. Inoltre, ‘l’uso di armi pesanti, comprese bombe paracadutate, ad esempio su accampamenti di tende, solleva preoccupazioni circa il rispetto da parte di Israele dei principi di precauzione negli attacchi e di proporzionalità’.

Il rapporto ricorda ancora che nella sua ordinanza del 24 maggio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che ‘in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio, Israele deve immediatamente cessare la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel Governatorato di Rafah che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita tali da comportarne la distruzione fisica, totale o parziale’.

Un altro paragrafo del rapporto è dedicato agli attacchi a ospedali e strutture mediche. Secondo l’Ohchr, le forze israeliana hanno attaccato ospedali in tutta Gaza ‘in modo apparentemente sistematico’. Questi attacchi hanno comportato ‘attacchi diretti, assedi, l’uso di cecchini, raid e l’apparente detenzione arbitraria e maltrattamenti di personale medico, pazienti e loro accompagnatori, e sfollati interni che si erano rifugiati negli ospedali’, nonché ‘l’uccisione di molti operatori sanitari di emergenza’. L’Ohchr, nota il rapporto, ha individuato un vero proprio ‘modello’ negli attacchi israeliani contro le strutture ospedaliere: ‘Attacchi aerei e bombardamenti sugli ospedali e/o nelle vicinanze, assedi, raid, sparatorie contro civili, detenzione di personale medico, pazienti, accompagnatori e sfollati interni, e costrizione dei rimanenti ad andarsene’.

‘In base al Diritto umanitario internazionale, le strutture mediche sono infrastrutture protette. Anche se Israele sostiene che una struttura medica abbia perso la sua protezione a causa del suo utilizzo da parte di Hamas – si osserva nel rapporto -, deve comunque rispettare i principi di precauzione e proporzionalità del Diritto internazionale umanitario. Inoltre, Israele ha il dovere di garantire e mantenere strutture e servizi medici in tutto il territorio occupato, compresa la Striscia di Gaza, usando i mezzi a sua disposizione nella massima misura possibile’.

Un altro paragrafo è dedicato alle evacuazioni forzate dei palestinesi: ‘Il 90% della popolazione di Gaza è stata sfollata, spesso più volte, a causa delle operazioni militari israeliane e dei ripetuti ordini di sfollamento’. Le evacuazioni ‘possono essere disposte nel contesto delle ostilità’, ma ‘per motivi limitati (sicurezza della popolazione o imperativi motivi militari), su base temporanea e a condizione che la forza responsabile dell’ordine di evacuazione garantisca un alloggio adeguato, condizioni di vita e di sicurezza soddisfacenti per gli sfollati’. La durata dello sfollamento, unitamente all’entità della distruzione nell’area di origine, alle cattive condizioni di vita nelle ‘zone umanitarie’ designate e ai ripetuti attacchi israeliani contro queste zone ‘sollevano serie preoccupazioni circa la legalità delle evacuazioni’, nota il rapporto.

Il paragrafo successivo riguarda gli attacchi contro i giornalisti. Secondo quanto è stato riportato, ‘giornalisti e operatori dei media palestinesi sono stati uccisi in gran numero, probabilmente a seguito di attacchi diretti’. E se ‘l’interruzione delle comunicazioni nemiche può costituire un valido obiettivo militare’, queste operazioni contro le infrastrutture civili devono tuttavia ‘rispettare i principi di distinzione, proporzionalità e precauzioni negli attacchi. Giornalisti e operatori dei media sono protetti dal Diritto umanitario internazionale in quanto civili’.

Il rapporto dedica un paragrafo anche alla ‘mancata individuazione delle responsabilità’ e alle mancate indagini da parte di Israele nei casi di violazioni del Diritto umanitario e di presunti atti di tortura. In base al diritto internazionale, ‘uno Stato che accerta che violazioni o crimini possano essere stati commessi nell’ambito della propria giurisdizione deve garantire che tutte le parti siano chiamate a rispondere delle proprie azioni. In caso contrario, meccanismi sovranazionali possono intervenire per indagare e/o perseguire’ i responsabili.

‘Nel contesto di Israele e dei Territori Palestinesi Occupati, gli osservatori hanno deplorato la persistente mancanza di accertamento delle responsabilità’, e ‘la mancanza di indagini efficaci sulle accuse di tortura o maltrattamenti ai danni di palestinesi nei centri di detenzione israeliani, nonostante le testimonianze esistenti’. Il rapporto precisa che ‘ad oggi, Israele non ha concesso l’accesso ad alcuna commissione d’inchiesta, missione di accertamento dei fatti o altro organo investigativo incaricato dalle Nazioni Unite, come affermato nell’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 24 maggio 2024’.

Nel paragrafo sul consolidamento e l’espansione ulteriore degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, il rapporto ricorda che nel luglio 2024, la Corte Internazionale di Giustizia ha individuato 6 tipologie di violazioni del diritto internazionale: ‘1) il trasferimento da parte di Israele della propria popolazione (coloni) in Cisgiordania; 2) la confisca e requisizione di terreni nei territori occupati; 3) lo sfruttamento delle risorse naturali; 4) l’estensione della legge israeliana ai Territori Occupati; 5) il trasferimento forzato di palestinesi; 6) la violenza dei coloni’.

La stessa Corte ha inoltre rilevato che il regime israeliano di restrizioni globali imposte ai palestinesi nei territori occupati ‘costituisce una discriminazione sistemica basata, tra l’altro, sulla razza, la religione o l’origine etnica’, riscontrando anche una violazione del divieto di segregazione razziale e apartheid. E naturalmente, la Corte ha ritenuto che le ‘politiche e pratiche illecite’ di Israele violassero l’obbligo di Israele di rispettare il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.

Non solo. ‘Le pratiche israeliane di detenzione amministrativa e altre forme di detenzione arbitraria di palestinesi sono aumentate sostanzialmente già nel 2023. Secondo quanto riferito, gli arresti spesso hanno comportato violenza, percosse, umiliazioni e trattamenti inumani e degradanti, in alcuni casi equivalenti a tortura’. E dopo il 7 ottobre 2023, ‘queste condizioni si sono ulteriormente deteriorate, con il governo israeliano che ha ulteriormente limitato l’accesso a cibo, acqua, servizi igienici ed elettricità, cure mediche, media e informazione, visite familiari e il diritto di consultare un rappresentante legale. Molti detenuti, tra cui bambini, anziani e donne, sono stati sottoposti a violenze’.

Il rapporto ricorda ancora che ‘dall’11 ottobre 2023, Israele ha revocato le cure mediche e i permessi di lavoro ad almeno 4.000 palestinesi di Gaza, residenti legali in Israele. Sono stati detenuti nei campi dell’esercito israeliano in Cisgiordania per settimane, senza processo né accusa. Israele non ha rivelato informazioni sulla loro sorte e sul luogo in cui si trovano ai loro familiari, il che, secondo l’Ohchr, solleva preoccupazioni circa il rischio di sparizioni forzate. Da allora, l’esercito israeliano ha rilasciato la maggior parte di loro a Gaza’.

‘Il numero esatto e le circostanze dei decessi tra i detenuti palestinesi in custodia israeliana sono sconosciuti (sono emerse accuse di tortura e maltrattamenti) a causa del rifiuto delle autorità israeliane di fornire informazioni sulla sorte e sul luogo in cui si trovano i detenuti palestinesi’, e anche ‘di rilasciare i corpi dei defunti, il tutto in violazione del diritto internazionale’, riferisce ancora il rapporto.

Il rapporto ricorda ancora che ‘dall’11 ottobre 2023, Israele ha revocato le cure mediche e i permessi di lavoro ad almeno 4.000 palestinesi di Gaza, residenti legali in Israele. Sono stati detenuti nei campi dell’esercito israeliano in Cisgiordania per settimane, senza processo né accusa. Israele non ha rivelato informazioni sulla loro sorte e sul luogo in cui si trovano ai loro familiari, il che, secondo l’Ohchr, solleva preoccupazioni circa il rischio di sparizioni forzate. Da allora, l’esercito israeliano ha rilasciato la maggior parte di loro a Gaza’.

‘Il numero esatto e le circostanze dei decessi tra i detenuti palestinesi in custodia israeliana sono sconosciuti (sono emerse accuse di tortura e maltrattamenti) a causa del rifiuto delle autorità israeliane di fornire informazioni sulla sorte e sul luogo in cui si trovano i detenuti palestinesi’, e anche ‘di rilasciare i corpi dei defunti, il tutto in violazione del diritto internazionale’, riferisce infine il rapporto.

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