
Elbows up! Come i canadesi rispondono a Trump (e guardano all’Europa)
Roma, 21 giu. (askanews) – “Elbows up!”. Cioè su i gomiti. Un’espressione mutuata dall’hockey sul ghiaccio che è diventata il motto del movimento di risposta a Donald Trump nato in Canada dall’annuncio dei dazi e con la retorica del 51/esimo Stato. I gomiti alzati, nello sport nazionale, servono per parare un colpo che arriva da dietro, ma anche per replicare con una botta altrettanto dura. A lanciarlo è stato Mike Meyers, famoso attore comico canadese, che l’ha pronunciato in diretta al Saturday Night Live indossando una maglietta con la scritta “Canada is non for sale”, molto diffusa nei negozi e tra i cittadini (nella foto di Jacopo Teodoro).
La trasferta oltreoceano per seguire il G7, ci ha permesso di osservare da vicino come i canadesi vedano Trump e come guardino all’Europa. “Quando Donald Trump ha sferrato la sua malvagia e idiota guerra commerciale, si aspettava che i canadesi sarebbero capitolati immediatamente. Invece abbiamo alzato i nostri gomiti e 41 milioni di educati ma fermi diti medi”, scrive Stephen Maher sul diffusissimo settimanale Maclean’s, che dedica un numero quasi monografico al “nuovo nazionalismo” che tra manifestazioni e bandiere con la foglia d’acero attraversa il Paese. I canadesi non hanno una identità comune ben definita: la popolazione è formata da molte nazionalità diverse, non c’è una vera storia condivisa, ma – come ha detto recentemente alla Cnn l’ex premier Justine Trudeau – “uno dei modi in cui più facilmente definiamo noi stessi è: non siamo americani”. Il suo successore, Mark Carney, ha vinto le elezioni proprio promettendo che i canadesi non sarebbero mai diventati americani.
Toronto, rispetto all’ultima volta che l’abbiamo visitata (circa un anno e mezzo fa), è molto meno americana: dagli scaffali (anche quelli del duty free in aeroporto) sono sparite le bottiglie di whiskey americano, si trova solo quello locale o proveniente dall’Europa e dal Giappone. Via anche un simbolo a stelle e strisce come la birra Budweiser, “Make beer canadian again”, recita la pubblicità di una marca nazionale, ironizzando sul motto MAGA. “Via tutto, non compriamo più niente di americano, anche voi (europei, ndr) dovreste farlo”, ci dice una signora a Banff, nella provincia dell’Alberta che ospita il media center del summit. Ha visto il badge del G7 e chiede: “Come va? Come si è comportato Trump? Quello è matto”. Sono in molti – tassisti, ristoratori, curiosi – a vedere il pass per entrare al vertice e a sbottare, come per un riflesso condizionato, “Trump!” “Lui è un problema, l’Ucraina è un problema, l’Iran è un problema, è un momento molto difficile”, sentenzia il tassista di origini indiane. “Meloni mi piaceva ma è amica dell’Orange man” (così lo chiamano), ci dice una donna che ci blocca per strada a Banff. Insegna all’Università di Toronto, e vuol sapere come in Europa vediamo il presidente Usa. “Come va l’economia da voi? Qua siamo molto preoccupati, le economie di Canada e America sono molto connesse, il colpo sarà forte. Ma la maggior parte dei cittadini ha riscoperto l’orgoglio di essere canadesi, quasi tutti partecipano al ‘boicottaggio’. Anche l’Europa dovrebbe essere più coraggiosa”. La ritroviamo più tardi al summit, vorrebbe continuare a parlare, avere un’opinione su Mario Draghi, se potrà avere o meno un ruolo in Ue. Ma c’è da lavorare e non possiamo proprio trattenerci.
Draghi – le avremmo risposto – non avrà probabilmente un ruolo attivo ma con il suo rapporto ha segnalato quello che deve fare l’Europa per essere più competitiva. E in questo modo essere anche più resistente agli shock come quello provocato da Trump. E’ la stessa ricetta che gli economisti propongono per il Canada. “Abbiamo vissuto una vita incantata per decenni”, pensando di essere protetti dall’America, ma “la fantasia è crollata” con l’elezione del tycoon, sottolinea Aurel Brown, professore di Scienze politiche all’Università di Toronto. Anche l’Europa, dopo la guerra, si è affidata allo “scudo militare” Usa, al rapporto economico e strategico con la superpotenza. In poche parole si è un po’ “seduta”. Adesso va recuperato il tempo perso, e non è assolutamente facile. Magari anche con un po’ di orgoglio europeo e un atteggiamento meno timido: “Elbows up Europe!”. (Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli).