Dal Senato primo sì ad Autonomia ma in aula risuona inno Mameli

Dal Senato primo sì ad Autonomia ma in aula risuona inno Mameli

Seduta in tono minore, resta da definire tempistica seconda lettura Camera

Roma, 23 gen. (askanews) – L’aula del Senato ha approvato il disegno di legge del Governo Meloni per l’attuazione dell’autonomia regionale differenziata, collegato alla legge di bilancio, che porta il nome del ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli. I sì della maggioranza sono stati 110, i no 64 (Pd-M5S-AVS-Iv), 3 gli astenuti: due senatori di Azione (ma Mariastella Gelmini ha votato a favore) e uno del gruppo Autonomie, nel quale si registrano anche due voti favorevoli al ddl governativo.

L’iter legislativo è durato molti mesi, la commissione Affari costituzionali ha svolto decine di audizioni, ma fra opposizioni e maggioranza la polemica è sempre viva, come dimostra anche la pittoresca e convulsa conclusione della seduta di palazzo Madama, con i parlamentari che prima dai banchi della minoranza poi da quelli della maggioranza si sono “sfidati” intonando l’inno di Mameli, con intenti evidentemente contrapposti. A dar fuoco alle polveri, secondo il racconto di alcuni senatori che hanno lasciato l’aula a fine lavori, è stata la senatrice veneta della Lega Mara Bizzotto, che all’esito del voto ha sventolato la bandiera di san Marco, tradizionale simbolo del secessionismo del Nordest.

Anche se le opposizioni, ad esempio con una nota del capogruppo Pd Francesco Boccia, si dicono pronte a raccogliere le firme per il referendum abrogativo, a sottolineare il fatto che quello di palazzo Madama è un passaggio intermedio e che il traguardo non è vicinissimo anche il livello degli interventi in aula: Matteo Salvini, pur presente al momento del voto, lascia l’intervento al capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. Dagli altri gruppi nessun intervento di capigruppo o leader di partito, il solo Peppe De Cristofaro, rappresentante della piccola pattuglia di AVS, è anche presidente del gruppo Misto. La stessa presidenza della seduta affidata, come da turnazione programmata, al vicepresidente leghista dell’assemblea, Gian Marco Centinaio, e non al presidente Ignazio La Russa, sempre presente nei momenti più solenni, contribuisce alla sensazione di un momento transitorio.

Nel dibattito, Mariolina Castellone del M5S accusa i senatori di maggioranza di “essere sì patrioti, ma i patrioti di 20 piccole patrie”. “Si è consumato – è la lettura di Andrea Gioregis che parla a nome del gruppo del Pd – uno scambio tra le due riforme, tra la Lega e Fratelli d’Italia. E la Lega, sull’autonomia differenziata, ha avuto la meglio. Uno scambio al ribasso, perché, nel merito, ha prodotto disposizioni del tutto irragionevoli, che rischiano di far crescere divisioni e conflittualità territoriali, politiche e sociali e così, alla fine, di impoverire tutto il Paese”. Accusa respinta al mittente da Romeo: “Grazie al Governo. Grazie anche al patto di maggioranza di cui noi – rivendica l’esponente leghista – andiamo assolutamente fieri. Più poteri al premier significa, dall’altra parte, controbilanciare con più autonomia sul territorio”. Andrea De Priamo, per Fratelli d’Italia, parla dal canto suo di “una democrazia che diventa una democrazia decidente e più stabile, un rafforzamento dell’esecutivo ci può stare molto bene con l’applicazione del principio di sussidiarietà”. E ribatte alle accuse della minoranza parlamentare di aver creato uno “Spacca-Italia”, facendo ricorso alla storia: “Non si spacca e non si divide nulla, perché l’Italia, la sua identità profonda, che già Goffredo Mameli ma anche Mazzini richiamavano come risalente a Dante Alighieri (Mameli in un’altra sua composizione parlava del sogno di Dante), è sicuramente anche l’Italia delle specificità, è l’Italia dei 1.000 campanili, è l’Italia dei dialetti, è l’Italia delle piazze, dei borghi; è l’Italia delle differenze enogastronomiche. Quell’Italia delle tradizioni popolari e religiose ha, però, dalla più piccola frazione alla più grande metropoli, dei luoghi che simboleggiano la sua unità, cioè i monumenti ai caduti. In quei luoghi è fisicamente visibile come si sia forgiato, nel sacrificio delle trincee, quel sentimento nazionale che per noi è sacro e che non è minimamente intaccato da questo provvedimento”.

Il provvedimento era in prima lettura e restano tutti da definire i tempi per l’esame in seconda lettura alla Camera, dove secondo fonti parlamentari di maggioranza potrebbe riproporsi una certa differenza di intenti fra la fretta della Lega, che si aspetta l’ok definitivo prima delle elezioni europee, e la cautela di Fratelli d’Italia: il partito della premier Giorgia Meloni, infatti, preme perché il ddl costituzionale sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, attualmente all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato per la prima delle quattro letture previste, abbia una tempistica almeno parzialmente coordinata con la riforma Calderoli.

L’autonomia differenziata, però, è una legge ordinaria, e per i suoi maggiori sostenitori, i leghisti, appunto, i suoi contenuti sono stati definiti nel passaggio a palazzo Madama, fino all’ultima bagarre sull’emendamento De Priamo, riformulato la scorsa settimana in commissione Bilancio per riportare nei limiti degli “equilibri di bilancio” e delle previsioni della manovra del 2022 l’indicazione della necessità di stanziare fondi sufficienti per garantire l’erogazione dei Livelli essenziali delle prestazioni: sia alle Regioni che sceglieranno l’autonomia, sia a quelle che non lo faranno.

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