Coldiretti: speculazioni grano turco e russo pesano su agricoltori

Coldiretti: speculazioni grano turco e russo pesano su agricoltori

Servono 30 mln per Fondo contratti filiera grano a sostegno

Roma, 13 mar. (askanews) – Le speculazioni in corso sul prezzo del grano mettono a rischio la sopravvivenza di duecentomila aziende agricole italiane e, con esse, la sovranità alimentare del Paese, aggravando la dipendenza dall’estero. A lanciare l’allarme è la Coldiretti che commenta l’aumento delle importazioni di prodotto dalla Turchia e dalla Russia.

“Occorre un impegno immediato per sostenere le aziende agricole italiane, portando a 30 milioni di euro la dotazione del Fondo nazionale per i contratti di filiera del grano – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – lavorando per prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la legge di contrasto alle pratiche sleali”.

Dopo che nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, il Tmo, l’ente statale turco per i cereali, avrebbe bandito, rende noto Coldiretti, una nuova gara internazionale per la vendita e l’esportazione di ulteriori 150 milioni di chili di prodotto, con il termine fissato all’11 marzo per la presentazione delle offerte.

Il risultato sono prezzi del grano nazionale in caduta libera. Un vero e proprio fiume di prodotto che, aggiunto a quello di grano canadese arrivato a superare il miliardo di chili, ha impattato sui prezzi del grano nazionale.

“Le aste turche del frumento affossano ancora i prezzi del grano pugliese, con il crollo delle quotazioni che perdono altri 25 euro a tonnellata in 10 giorni ed il prezzo del grano fino che scende ancora a 335 euro a tonnellata a Bari, mentre nei porti pugliesi continua il via vai di navi mercantili provenienti dalla Turchia”, denunciano il presidente ed il direttore di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo e Pietro Piccioni. Si tratta di valori che “portano la coltivazione sotto i costi di produzione, rendendola di fatto antieconomica ed esponendo le aziende agricole al rischio crack, soprattutto nelle aree interne senza alternative produttive”, conclude Coldiretti.

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