“Ci ritiriamo da Bakhmut”, cosa ha detto il capo del gruppo Wagner Prigozhin (e perché)

“Ci ritiriamo da Bakhmut”, cosa ha detto il capo del gruppo Wagner Prigozhin (e perché)

“Avremmo preso Bakhmut il 9 maggio” ma “non ci mandano munizioni”

Milano, 5 mag. (askanews) – Non una semplice dichiarazione di ritirata dal 10 maggio “mentre mancano solo due piccoli chilometri” a prendere Bakhmut, ma un vero e proprio manifesto del Wagner-pensiero e accuse pesantissime alla burocrazia russa (ma anche alla verticale di potere che vede in cima Vladimir Putin) che secondo lui entrerà nella storia, ma “in mutande”. Un discorso totalmente nello stile del capo della compagnia di mercenari russi Evgenij Prigozhin, accompagnato da un documento postato sul suo canale Telegram. Anche se non è chiaro se la dichiarazione di Prigozhin può essere davvero presa alla lettera, poiché in passato ha spesso pubblicato commenti impulsivi, successivamente smentiti.

“AVREMMO PRESO BAKHMUT IL 9 MAGGIO” Nel video il capo della Wagner torna di nuovo ad attaccare il Ministero della Difesa e “informa” il “comandante in capo supremo” Vladimir Putin. “Un mese fa hanno smesso di darci le munizioni e non ne riceviamo più del 10%” dice, aggiungendo poi qualcosa che può essere un’accusa, ma anche una scusa. “Avremmo preso possesso dell’insediamento di Bakhmut entro il 9 maggio 2023, ma quando l’hanno visto, i burocrati militari (a Mosca) hanno effettivamente interrotto qualsiasi fornitura dal primo maggio per impedirci di farlo perché si siedono, scuotendo le loro pance grasse e pensano che passeranno alla storia come vincitori: ci sono già entrati in mutande”.

PARLA DI “MESCHINA INVIDIA” DEI VERTICI RUSSI Da notare che Prigozhin ha sempre chiamato Bakhmut con il vecchio nome zarista di Artemvsk, mentre per questa comunicazione ha utilizzato quello ucraino che si usa anche in occidente. “I miei ragazzi non saranno inutili, quindi, dal 10 maggio 23, lasceremo il villaggio di Bakhmut, ci restano solo da prendere due chilometrini e mezzo su 45. Ma se, a causa della vostra meschina invidia, non volete dare la vittoria ai russi prendendo Bakhmut, sono vostri problemi”, dice Prigozhin lasciando intendere che a Mosca evidentemente, secondo lui, qualcuno vive male i progressi in guerra della Wagner.

LA LEADERSHIP “HA PAURA DI PRENDERSI RESPONSABILITA’” Parla poi genericamente di “leadership” che “ha paura ad assumersi responsabilità sia di fronte a un attacco, sia di fronte a una ritirata”. E poi aggiunge: “per questo stiamo aspettando un ordine di guerra per lasciare Bakhmut prima del nono giorno. Nonostante il fatto che abbiamo praticamente terminato le scorte rimarremo a Bakhmut in modo che, in questa festa sacra per tutti i popoli della Russia, non vogliamo rovinare il brillare delle armi russe. Ma poi noi raggiungeremo i campi di retroguardia dopo 400 giorni di duro lavoro quotidiano; nei campi di retroguardia aspetteremo fino a quando ci sarà di nuovo bisogno di noi”.

“MACELLAIO DI MARIUPOL” NELLA WAGNER Parole come macigni dopo che alcuni video e informazioni apparse su Telegram dimostrerebbero il fatto che l’ ex viceministro della difesa russo, il generale Mikhail Mizintsev (soprannominato il “macellaio di Mariupol”, si è unito alla milizia privata del gruppo Wagner come vice comandante.

Le interpretazioni del discorso di Prigozhin da Mosca sono poche. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov non commenta. Mentre il politologo Sergey Markov, limita lo sfogo a un “conflitto di Wagner e Prigozhin con il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore”. Markov è considerato persona vicina a Putin e dice che “dalla parte di Prigozhin e Wagner c’è il sostegno della maggior parte degli ufficiali e dei soldati dell’esercito russo. Tutti loro credono di essere mal riforniti …Ma non possono dirlo direttamente a causa del rischio di insubordinazione. E sono contenti che almeno Prigozhin parli ad alta voce, che dica quello che pensano. La questione deve essere risolta con urgenza dal Consiglio di sicurezza russo”.

Resta comunque un pessimo episodio per la leadership russa, dopo le stranissime immagini dell’attacco di droni al Cremlino dell’altro ieri e a pochi giorni da una festa importantissima per la propaganda. Mosca celebra infatti ogni anno il 9 maggio la vittoria sovietica sulla Germania nazista nella seconda guerra mondiale e Putin ha sfruttato, nel corso dei due decenni al potere, l’occasione per rafforzare il suo ruolo di uomo forte. Ma le immagini evocate da Prigozhin – compresa quella di chi entra nella storia “in mutande” o dei droni in Piazza rossa – poco si addicono allo stile sinora scelto.

(di Cristina Giuliano)

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