Balneari, la Corte Ue: bisogna applicare le norme europee

Balneari, la Corte Ue: bisogna applicare le norme europee

Caso Ginosa, le concessioni non andavano rinnovate in automatico

Bruxelles, 20 apr. (askanews) – Con una sentenza su un rinvio pregiudiziale richiesta dal Tar della Puglia e riguardante un caso relativo al comune di Ginosa (Taranto), la Corte europea di Giustizia ha confermato oggi a Lussemburgo che le concessioni demaniali per le spiagge agli stabilimenti balneari non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere messe a gara periodicamente con una procedura di selezione imparziale e trasparente. Ma soprattutto, la Corte e ha precisato che i giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme dell’Ue, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale che non sono conformi al diritto comunitario. (Segue) La sentenza riguarda la causa C-348/22, una vertenza in cui erano coinvolte l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e il Commune de Ginosa, in provincia di Taranto. Il rinvio pregiudiziale concerneva l’intepretazione della normativa nazionale che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, e in particolare la validità, il carattere vincolante e l’effetto diretto della normativa Ue relativa ai servizi nel mercato interno, e in particolare la Direttiva 2006/123/Ce (meglio nota come “Direttiva Bolkestein”). Secondo la direttiva, per concedere concessioni di occupazione del demanio pubblico marittimo, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione, con messa a gara tra i potenziali candidati, quando il numero di autorizzazioni disponibili è limitato a causa della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, la concessione deve essere di durata limitata e non soggetta alla procedura di rinnovo automatico. Sebbene la direttiva Bolkestein sia stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano, una legge nazionale del 2018 ha indicato che le concessioni in corso saranno prorogate fino al 31 dicembre 2033, per disporre del tempo necessario alla realizzazione di tutte le operazioni indispensabili alla riforma del regime di concessione. Conformemente a questa legge nazionale, il Comune di Ginosa ha prorogato, con delibera del 24 dicembre 2020, le concessioni di occupazione del demanio marittimo nel suo territorio. Ma a questo punto la decisione è stata oggetto di una contestazione da parte dell’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato (Agcom), che l’ha ritenuta contraria ai principi Ue della concorrenza e della libertà di stabilimento. L’Agcom ha perciò notificato al comune di Ginosa un parere motivato, ricordandogli l’esigenza di una procedura preliminare di appalto pubblico e rilevando che le disposizioni nazionali che prorogano automaticamente le concessioni devono restare inapplicate. Poiché il comune di Ginosa non si è conformato a questo parere motivato, l’Agcom ha presentato al Tar (Tribunale amministrativo regionale) della Puglia un ricorso diretto all’annullamento della decisione sulla proroga delle concessioni. A sua volta, il Tar Puglia, pur ritenendo le disposizioni nazionali incompatibili con la direttiva Bolkestein, ha notificato i suoi dubbi sul carattere di autoesecutività della direttiva stessa, con l’effetto di disapplicare le norme della legislazione nazionale contrarie, e anche sulla validità del meccanismo decisionale a maggioranza qualificata in Consiglio Ue ‘e non all’unanimità), con cui la normativa era stata adottata. Il Tar della Puglia poneva pertanto alla Corte europea di Giustizia diverse questioni pregiudiziali, volte a verificare il campo di applicazione della direttiva, la sua validità, la sua natura e gli effetti della sua applicazione. Con la sua sentenza di oggi la Corte Ue precisa, in primo luogo, che la direttiva Bolkestein si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che e presentino un interesse transfrontaliero o che riguardino situazioni confinae all’interno di un solo Stato membro. In secondo luogo, dalla valutazione della Corte non è emerso alcun elemento che possa inficiare la validità della direttiva, che ha l’obiettivo di agevolare la libera circolazione dei servizi e l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi stessi. Pertatno, la Corte conferma che il Consiglio Ue ha correttamente adottato la direttiva a maggioranza qualificata, conformemente alle disposizioni del Trattato Ue. In terzo luogo, la Corte afferma che l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, e il divieto di rinnovare automaticamente le concessioni sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva, e producono quindi degli effetti diretti. I giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, sono tenuti quindi ad applicare le norme pretinenti della direttiva, e a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi, conclude la Corte europea di Giustizia.

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