Auto: mercato Ue in calo fino al 2030, brand tedeschi più penalizzati

Auto: mercato Ue in calo fino al 2030, brand tedeschi più penalizzati

Milano, 7 mag. (askanews) – Il settore automotive mondiale è entrato in una fase di stagnazione prolungata: in Europa il mercato sarà in declino almeno fino al 2030 (-0,6%) così come in Usa (-0,4%), Giappone e Corea (-1,2%), mentre sarà praticamente fermo in Cina (+0,3%). Al contrario, emergono nuove aree di potenziale espansione come l’Asia meridionale (+2,7% di Cagr) e il Sud America (+1,5%), E’ quanto emerge dallo studio condotto da Aniasa e Bain & Company “Navigare nella nebbia. Il futuro incerto dell’automotive”.

Secondo le stime, entro il 2028 l’Europa accumulerà un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Il Nord America segue un trend analogo, con uno scarto negativo di 7,5 milioni di unità. Cifre che testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori, specialmente quelli con maggiore esposizione su questi mercati.

“Il comparto automotive non può più contare sulla crescita come driver naturale. In questo contesto, solo chi saprà ripensare la propria presenza geografica, rivedere la catena del valore e investire in flessibilità potrà restare competitivo nel medio-lungo termine. L’Europa, in particolare, deve ridefinire con decisione e coraggio il proprio ruolo industriale”, afferma Gianluca Di Loreto, Partner e responsabile italiano automotive di Bain & Company.

A complicare il quadro i dazi Usa, primo mercato importatore di veicoli leggeri con 5 milioni di unità. A essere colpiti saranno soprattutto i marchi asiatici Toyota, Nissan, Honda, Kia e Hyundai che realizzano in Usa quote di vendite importanti comprese fra il 28% e il 40% del totale. Per questo diverse case hanno avviato la localizzazione della produzione in Usa. Poco impattati i marchi cinesi che praticamente non esportano negli Stati Uniti.

Male anche i brand tedeschi fra i più penalizzati con circa metà dei propri volumi a rischio: devono affrontare contemporaneamente la stagnazione in Europa (20-30% dei profitti), la perdita di slancio in Cina (50-60%) e le barriere doganali imposte dagli Stati Uniti (10%). Il risultato è un utilizzo degli impianti di produzione in calo al 50%.

In Italia cresce l’utilizzo dell’auto privata ma si riducono gli acquisti di nuove auto (in 2025 immatricolazioni attese in calo a 1,54 milioni, -2,5%) con il risultato che aumenta il ricorso all’usato. L’effetto diretto è un parco circolante che invecchia rapidamente. Il prezzo resta il fattore discriminante, tanto da rappresentare il primo motivo (35%) per l’acquisto di modelli cinesi o asiatici. Fra le alimentazioni l’elettrico non sfonda (quota al 5%) nonostante timidi segnali di ripresa fra le compatte, mentre le vetture di fascia restano stagnanti. Nonostante il forte calo del diesel (dal 56% del 2015 al 10%), le emissioni medie di CO2 pari a 115,6 g/km sono superiori a quelle del 2015 (114,8 g/km).

“L’industria automobilistica europea si trova di fronte a un bivio. La combinazione tra vincoli normativi stringenti (soprattutto sulla transizione elettrica), domanda stagnante e instabilità geopolitica impone un profondo ripensamento. La frammentazione dell’offerta, la bassa saturazione degli impianti e l’assenza di una visione unitaria minacciano la competitività del continente nel medio periodo”, conclude il presidente Aniasa, Alberto Viano.  

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