
Spazio, addio a Jim Lovell: l’eroe sfortunato di Apollo 13
Roma, 9 ago. (askanews) – “Due volte damigella, mai all’altare”: Jim Lovell, scomparso all’età di 97 anni, aveva riassunto così una carriera che al momento del suo ritiro dalla Nasa era probabilmente la più illustre dell’Agenzia spaziale statunitense.
L’allora capitano della Marina – oltre a vantare ben quattro missioni – era infatti stato uno dei primi tre astronauti ad aver visto la faccia nascosta della Luna, nonché appunto l’unico uomo ad essere stato in orbita attorno al nostro satellite per due volte, prima con l’Apollo 8 e poi con l’Apollo 13.
Il 13, appunto: l’allunaggio che non avvenne, “l’insuccesso di successo” che se pure non portò Lovell e Haise a calpestare la superficie lunare divenne un’impresa a se stante – e in grado di risvegliare l’interesse dell’opinione pubblica mondiale per un programma spaziale che era oramai diventato una specie di routine.
“Houston abbiamo un problema” è diventata una frase simbolo della corsa allo spazio, seconda solo al “piccolo passo” di Neil Armstrong: il primo successo e il primo (e unico) fallimento del programma Apollo – e d’altronde a sessant’anni di distanza si fa fatica a ricordare i nomi degli “altri”: gli altri quindici astronauti che hanno camminato sulla Luna dopo Apollo 11.
Un club al quale Lovell per anni si era rammaricato di non aver potuto far parte, nonostante il suo curriculum. Entrato alla Nasa nel secondo gruppo di astronauti (“i nuovi nove”) selezionati nel 1962, alla fine del programma Mercury, aveva partecipato a due missioni Gemini: la VII, ben due settimane di volo orbitale (in uno spazio angusto descritto dalla stampa come “i sedili anteriori di un Maggiolino”) e la XII, di cui fu comandante.
Ma la missione che Lovell ricordava con maggior enfasi fu l’Apollo 8: il primo volo orbitale attorno alla Luna, nel Natale del 1968, in cui il pilota del modulo lunare Bill Anders scattò la leggendaria foto “Earthrise”, la Terra che sorge. Lovell da parte sua raccontò che guardando il nostro pianeta dall’oblò a un certo punto allungo il braccio e lo coprì con il pollice: “Mi resi conto che dietro al mio pollice c’erano tre miliardi e mezzo di persone e tutto quello che conoscevo, e all’improvviso ebbi una percezione differente della vita in generale e del mio ruolo all’interno di essa”. Dopo Apollo 13 la Nasa propose a Lovell (e a Haise) il comando di una futura missione (che peraltro dopo i tagli al bilancio non si sarebbe mai materializzata) ma Lovell decise che quattro voli erano più che sufficienti e nel 1973 lasciò l’agenzia; vent’anni dopo entrò nella Hall of Fame degli astronauti e nel 1995 ricevette la Medaglia del Congresso da Bill Clinton.
Il passato tuttavia non passa mai del tutto e Lovell accettò un cameo nel kolossal “Apollo 13” di Tom Hanks, che lo interpretava: compare al termine del film come il comandante della portaerei “Iwo Jima”, inviata a recuperare l’equipaggio ammarato nel Pacifico.