
Vertice Ue-Cina sarà difficile, von der Leyen inasprisce i toni
Roma, 8 lug. (askanews) – Le speranze che il vertice Cina-Ue, che si terrà a Pechino il 24 luglio, rappresenti un rilancio dei rapporti tra la seconda economia del mondo e il raggruppamento europeo si vanno assottigliando. Questa la fotografia che viene restituita dal discorso tenuto oggi dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che al Parlamento europeo ha attaccato la Cina sia sul fronte politico, per il suo sostegno alla Russia, sia sul fronte delle politiche commerciali.
D’altronde, che il summit rischiasse di diventare una mera formalità per commemorare i 50 anni di relazioni diplomatiche e nulla di particolarmente vivo, appariva evidente già dal fatto che – secondo fonti diplomatiche citate dal South China Morning Post – l’incontro sia stato accorciato a un giorno solo, rispetto ai due che erano inizialmente previsti. Sarebbe stato cancellato, su richiesta cinese, la tappa a Hefei (provincia di Anhui), dove von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa avrebbero dovuto incontrare gli imprenditori. Tutto verrà condensato nell’unica tappa di Pechino.
“La sicurezza tra Euro-Atlantico e Indo-Pacifico è oggi più interconnessa di quanto non lo sia stata in diverse generazioni, e sta evolvendo rapidamente. E’ quindi nel nostro interesse lavorare insieme. Ma sappiamo anche che il sostegno inflessibile della Cina alla Russia sta creando maggiore instabilità e insicurezza in Europa. Possiamo dire che la Cina di fatto abilita l’economia di guerra della Russia. Non possiamo accettarlo”, ha detto la presidente dell’esecutivo europeo, richiamando una definizione di Pechino come “abilitatrice” della guerra russa usata dalla Nato lo scorso anno e il concetto di “de-risking” rispetto a Pechino.
“L’ho sempre detto: il modo in cui la Cina interagisce con la guerra di Putin sarà un fattore determinante per le relazioni Ue-Cina d’ora in avanti. Se la Cina afferma di difendere l’ordine internazionale basato sulle regole, deve condannare senza equivoci la grave violazione da parte della Russia della sovranità, integrità territoriale e frontiere riconosciute dell’Ucraina, e agire di conseguenza”, ha continuato von der Leyen, ritornando a un approccio da “falco” che aveva caratterizzato la sua retorica rispetto alla Cina in passato.
Su questo inasprimento, probabilmente, hanno pesato le parole del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in visita in Europa la scorsa settimana proprio per preparare il terreno al vertice. Il capo della diplomazia cinese ha affermato candidamente che Pechino non vuol vedere la Russia perdere la guerra, anche perché dopo gli Usa avrebbero agio di concentrare la loro attenzione all’area d’interesse della Repubblica popolare.
Per quanto riguarda invece il fronte commerciale, von der Leyen ha ricordato che “la Cina registra il più grande surplus commerciale nella storia dell’umanità”. Il suo surplus con l’Ue – ha detto ancora – “ha superato i 300 miliardi di euro lo scorso anno, mentre diventa sempre più difficile per le imprese europee operare in Cina”, perché i prodotti europei “sono sistematicamente discriminati negli appalti pubblici a causa della politica ‘Buy China’”. Beni e servizi ‘made in China’ ottengono automaticamente “un vantaggio di prezzo del 20% nelle gare d’appalto pubbliche”, ha proseguito. Un trattamento “semplicemente iniquo: il sistema è apertamente truccato”. Perciò l’Ue ha dovuto adottare – ha precisato la presidente della Commissione europea – misure per riequilibrare il mercato degli appalti pubblici di dispositivi medici, “per ragioni di reciprocità”.
L’altro grande problema commerciale è quello della sovracapacità. “La Cina non può affidarsi alle esportazioni per risolvere i suoi problemi economici interni. La sovracapacità va affrontata alla sua radice, non scaricata sui mercati globali. Questo è il messaggio chiaro alla base della nostra indagine sui veicoli elettrici”, ha affermato von der Leyen. “Chiariamo: se vogliamo avanzare nella partnership, serve un vero riequilibrio: meno distorsioni, meno sovracapacità esportata dalla Cina e accesso equo e reciproco per le imprese europee”, ha ammonito la presidente dell’esecutivo europeo.
Von der Leyen ha inoltre criticato Pechino per aver introdotto requisiti di licenza all’esportazione per terre rare e magneti, penalizzando i produttori europei. “Stiamo dialogando con Pechino affinché allenti le restrizioni alle esportazioni, non riteniamo che un decoupling strategico sia nel nostro interesse. Credo che per l’Europa sarebbe inefficiente e inefficace. Ma continueremo a ridurre i rischi”, ha detto.
Il linguaggio di von der Leyen sul commercio si è in effetti fatto più rigido nel corso dell’anno. Nei discorsi di gennaio e febbraio, sembrava offrire un ramoscello d’ulivo a Pechino, manifestando apertura a “approfondire i rapporti commerciali e d’investimento”, in quella che fu interpretata come una reazione al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
Le cose però si sono presto guastate, in parte a causa delle restrizioni cinesi sulle terre rare, ma anche per quella che fonti Ue di alto livello definiscono “intransigenza” della Cina su vecchie rivendicazioni, come l’accesso al mercato per le imprese europee, la mancanza di trasparenza sui sussidi statali e il rifiuto di riconoscere i problemi causati dalla sovracapacità industriale. In preda alla frustrazione, Bruxelles ha interrotto un ciclo di colloqui commerciali pre-vertice, noto come Dialogo economico ad alto livello.
La Cina, dal canto suo, ha annunciato venerdì scorso dazi antidumping sulle importazioni europee di brandy, anche se la maggior parte dei produttori di cognac francesi hanno ottenuto esenzioni dopo aver concordato con Pechino prezzi minimi d’importazione. Domenica, inoltre, la Cina ha escluso imprese europee da appalti nel settore dei dispositivi medici, reagendo a restrizioni simili imposte dall’Ue sui gruppi cinesi il mese scorso.
Tuttavia, la Cina non può essere messa da parte così facilmente. Un ambito operativo in cui in ballo ci sono progett particolarmente importanti è quello della transizione energetica, specialmente in un momento in cui il presidente Usa Donald Trump tira dall’altra parte. “La Cina ha investito oltre 900 miliardi di dollari solo nelle tecnologie pulite – più degli Stati uniti, dell’Europa, del Giappone e dell’India messi insieme. Pechino è al contempo un concorrente di primo piano nella corsa alle tecnologie pulite e un partner vitale per la decarbonizzazione globale. Questa è la complessità con cui dobbiamo fare i conti. Dobbiamo cambiare marcia nella competizione, ma anche esplorare ogni via di cooperazione”, ha chiarito von der Leyen.
Quindi, i negoziati tra Europa e Cina devono camminare su un filo sottile, che peraltro deve anche fare i conti con il terzo, ingombrante incomodo presente al tavolo solo in spirito, cioè gli Stati uniti di Trump, i quali vedono in Pechino l’avversario strategico numero uno e che in questo momento impegnano l’Ue in una delicata trattativa sui dazi la quale interseca in maniera evidente quella Ue-Cina. Una vera sciarada.
Eppure, la stessa von der Leyen è consapevole che l’Europa non può fare a meno di confrontarsi con la Cina. “Come l’Europa, la Cina è una potenza grande quanto un continente e, come la nostra Unione, è un gigante complesso e affascinante. Le nostre relazioni devono riflettere questa complessità”, ha detto in conclusione del suo discorso la numero uno dell’esecutivo Ue. “Difenderemo sempre i nostri interessi. Procederemo con il ‘de-risking’ delle nostre economie. Ma non vogliamo disaccoppiarci. Mentre entriamo nel secondo mezzo secolo di cooperazione, la Cina sta cambiando. Ma è anche una nuova era per l’Europa – un’Europa indipendente. Siamo pronti a costruire un rapporto più equilibrato e più stabile. E a scrivere un nuovo capitolo in questa relazione fondamentale”.