Centromarca: per 55,4% aziende investimenti invariati, preoccupa energia

Centromarca: per 55,4% aziende investimenti invariati, preoccupa energia

Milano, 9 giu. (askanews) – Sono 2.600 i marchi tra alimentari e non food, per un giro d’affari totale di 67 miliardi di euro e 100mila addetti. Un totale di 193 industrie aderenti, che contribuiscono a generare nella filiera del largo consumo 87 miliardi di valore condiviso, pari al 4,2% del pil. E’ questa la fotografia dell’Associazione italiana dell’industria di marca che si è presentata alla Borsa di Milano per celebrare i 60 anni di attività in occasione del convegno Valori della persona e Valore della marca – Risposte sostenibili alle istanze del presente.

Secondo le evidenze dell’ultima edizione dell’Indagine Congiunturale Centromarca – realizzata sulle industrie associate, in collaborazione con Ref Ricerche, nel mese di aprile 2025 – quest’anno il 55,4% delle aziende manterrà invariati gli investimenti e il 34,7% li rafforzerà. Dalla ricerca emerge che nel 2024, seppur in un contesto critico di mercato, il 55,7% delle industrie ha mantenuto gli impieghi in linea con gli anni precedenti e il 38,5% li ha aumentati. Tra i principali ambiti di destinazione delle risorse economiche si segnalano: impianti e macchinari (66,1% del campione), software (51,6%), altri impieghi immateriali (36,3%), attrezzature informatiche (31,5%), intelligenza artificiale e big data (25,8%). Per far fronte agli elevati costi dell’energia il 49,2% del campione ha migliorato l’efficienza e ridotto i consumi, il 44,9% ha investito in fonti rinnovabili, il 10,2% ha diversificato le fonti, l’8,5% ha modificato i processi produttivi.

“I prodotti di marca rappresentano l’eccellenza: esprimono innovazione, sostenibilità, qualità e valori che li distinguono in tutto il mondo – ha sottolineato Francesco Mutti, presidente di Centromarca – E le nostre industrie sono un asset strategico per lo sviluppo dell’economia italiana, investono, contribuiscono in modo significativo al prodotto interno lordo e alla bilancia commerciale, creano occupazione e valore”.

Nel suo intervento Mutti ha anticipato che Centromarca elaborerà con altri attori della filiera e presenterà al Governo, in autunno, proposte di policy per sostenere la competitività del Paese, delle imprese e del settore largo consumo. Tra le priorità individuate ci sono: incentivi per favorire la crescita dimensionale delle aziende e l’innovazione; semplificazione burocratica; il sostegno alle transizioni ecologica e digitale; tutela della proprietà intellettuale. “Abbiamo bisogno di una politica industriale coordinata, coerente e di una visione di lungo periodo – ha rimarcato Mutti – E di un contesto regolatorio con poche norme, ma certe, perché l’eccesso danneggia la certezza del diritto e rende più complicato colpire le illegalità del sistema”.

Per il 2025 resta elevata la preoccupazione di un aumento del costo dell’energia. Le scorte di prodotto sono considerate nella norma dall’82,8% delle aziende, la liquidità adeguata dall’83,6%, il numero di addetti stabile dall’84,4% (l’11,5% li prevede in aumento). Il 19,5% delle industrie rivela frequenti difficoltà nel reperire personale qualificato; il 61% “qualche volta”. Tra i fattori critici nell’attività di reclutamento, il 69,5% del campione indica la scarsa disponibilità di candidati, seguita dalla forte concorrenza tra aziende per lo stesso tipo di figure (27,1%) e dalle insufficienti competenze maturate nei percorsi formativi (14,4%).

Le imprese guardano all’anno in corso con moderato ottimismo, in considerazione dei segnali incoraggianti che iniziano a emergere, in particolare nella moderna distribuzione, dove nel primo quadrimestre 2025, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il segmento grocery ha registrato una crescita di circa tre punti percentuali, con le vendite che hanno superato i 31 miliardi di euro (dato NIQ cumulato gennaio-aprile 2025). Tuttavia, non si osserva ancora una ripresa stabile dei consumi, che restano deboli in prospettiva anche a causa di un contesto economico incerto e di una fiducia dei consumatori solo parzialmente in ripresa.

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