
Con ritorno Trump, Giappone si chiede se dotarsi di armi nucleari
Roma, 30 apr. (askanews) – Il Giappone, l’unico paese al mondo ad aver subito bombardamenti atomici da parte di una potenza nemica, sta cominciando a ragionare, quanto meno in alcuni settori della politica, della possibilità di superare il tabù e dotarsi di armi nucleari. Lo segnala oggi Nikkei Asia, dando conto di un dibattito che è iniziato alla luce dei segnali di disimpegno arrivati dopo il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il quale chiede un massiccio aumento della spesa militare da parte di Tokyo.
A marzo, ex alti funzionari del ministero della Difesa giapponese e delle Forze di Autodifesa hanno chiesto un dibattito sulle armi nucleari, disposto a toccare concetti un tempo considerati tabù. “E’ giunto il momento di rivedere in modo fondamentale e completo la nostra politica nucleare”, hanno scritto in un rapporto redatto da otto ex ufficiali della difesa, tra cui Ryoichi Oriki, ex capo di stato maggiore.
I bombardamenti atomici effettuati nel 1945 su Hiroshima e Nagasaki da parte statunitense, hanno portato il Giappone post-bellico a considerare la detenzione di armi nucleari come un vero e proprio tabù. La politica nucleare del governo nipponico si basa sui cosiddetti “Tre principi non nucleari”, anche conosciuti come i “tre non”: non possedere, non produrre, non consentire l’introduzione di armi nucleari nel territorio giapponese.
Ciononostante, il Giappone è inserito sotto l’ombrello nucleare statunitense in base ai trattati di sicurezza reciproca che prevedono la difesa collettiva tra alleati. La deterrenza estesa statunitense è garanzia per il Giappone, che è collocato in una regione in cui insistono più potenze nucleari potenzialmente ostili: Russia, Cina e soprattutto Corea del Nord.
La deterrenza estesa non è vincolante legalmente, sebbene Tokyo abbia cercato garanzie scritte che funzioni nella pratica. I funzionari giapponesi e statunitensi hanno redatto le loro prime linee guida in tal senso a dicembre. Tuttavia, se gli Stati Uniti riducessero il loro impegno nella difesa degli alleati, la deterrenza estesa sarebbe messa a rischio.
“Gli alleati iniziano a mettere in dubbio l’ombrello nucleare degli Stati Uniti”, ha scritto il Financial Times il 20 aprile. D’altronde, anche l’esempio di quanto sta accadendo in Europa fa scuola a Tokyo. La politica di Trump, che chiede agli alleati un impegno molto intenso da un punto di vista della spesa militare, sta spingendo l’Europa al riarmo e ha portato persino alla proposta del presidente Emmanuel Macron di estendere l’ombrello nucleare francese al continente.
Il Giappone vive in un altro contesto, quindi la corse alle armi nucleari nella regione potrebbe dover spingere il paese a creare una propria deterrenza nucleare. Non mancano le capacità tecniche e il materiale necessario a costruire rapidamente i propri ordigni. Il plutonio derivato da combustibile usato nelle centrali nucleari, secondo le statistiche dell’Ufficio di Gabinetto citate da Nikkei Asia, ammontava a 44,5 tonnellate nel 2023. Ma, di queste, 35,8 tonnellate sono stoccate all’estero. Si tratta comunque di materiale fissile sufficiente a costruire molte bombe nucleari.
Tuttavia, avere un arsenale non implica solo possedere ordigni esplosivi. Servono anche sottomarini, bombardieri e missili balistici, cioè i vettori. E questo richiede non solo le capacità tecniche per la costruzione, ma anche personale specializzato e strutture di comando e controllo.
C’è poi il tema politico. Una mossa del Giappone per possedere armi nucleari si scontrerebbe con una fiera opposizione interna e internazionale. E sarebbe un voltafaccia rispetto alle richieste fatte da Tokyo in 80 anni di richiesta continua di un “mondo senza armi nucleari”.
L’opinione pubblica in Giappone è fortemente contraria alle armi nucleari. In un sondaggio di febbraio condotto dal RCAST Open Laboratory for Emergence Strategies, un think tank dell’Università di Tokyo, oltre il 60% degli intervistati ha concordato sul fatto che il Giappone debba fermamente sostenere i “Tre principi non nucleari”.